Nessun dominio coloniale può sussistere senza l’attiva collaborazione di una classe dirigente che agisce negli interessi dello straniero. Solo in questa logica si può spiegare l’imperterrita volontà politica di insistere a contrarre vincoli sempre più stringenti con i paesi dell’eurozona. E lo si può spiegare solo in questo modo proprio perché la stragrande maggioranza degli italiani non ha alcun beneficio economico dai trattati di libero scambio della UE e, soprattutto, non ne ha dall’aver ceduto la sovranità monetaria alla BCE. E poiché il processo d’irrigidimento delle regole che normano i rapporti dei paesi dell’eurozona aumenta di pari passo con crescenti «cessioni di sovranità» – con buona pace dell’art.11 Cost. – ne consegue che le cause di questa masochistica accettazione da parte della nostra classe dirigente di proseguire in un progetto tanto diseconomico – per usare un eufemismo – vanno ricercate in ciò che è a tutti gli effetti una soggezione a un dominio coloniale.
Un fatto eclatante – che sarebbe altrimenti inspiegabile – consiste nei contributi al bilancio UE dell’Italia: ovvero l’Italia, per partecipare al “club europeo” – in cui viene espropriata di sovranità, per cui ha ceduto gran parte delle filiere produttive e si è deindustrializzata, a cui deve mendicare finanziamenti e «flessibilità» – deve versare più di quindici miliardi di euro l’anno (!).
Secondo la Commissione Europea, l’Italia, a fronte dei quindici miliardi versati, «beneficerebbe» di un’ottantina di miliardi di euro grazie alla semplice appartenenza al “club”…
Ci prendono per i fondelli: la contribuzione dell’Italia al bilancio UE è da sempre netta, e, in aggiunta, i tartassati contribuenti italiani devono versare risorse aggiuntive oltre a quelle destinate al bilancio UE.
I “fantastiliardi” che l’Italia guadagnerebbe dall’appartenenza UE non emergono neanche indirettamente dalla bilancia commerciale, ovvero dai rapporti economici con l’estero – che sono in gran parte positivi grazie agli scambi commerciali al di fuori dalla UE – né dal relativo impatto sul PIL. Ci prendono in giro.
Rimane quindi la mera contribuzione netta con la beffa dell’ulteriore aggravio dovuto al «cofinanziamento» per ottenere gli stessi finanziamenti dalla UE: ovvero, non tutti lo sanno, ma non è vero che – come ripete la propaganda coloniale – l’Italia è «disorganizzata», «pasticciona» e non sa sfruttare i finanziamenti de «l’Europa». Per ricevere quella frazione di risorse versate alla UE sotto forma di finanziamenti, l’Italia deve contribuire per circa la metà. Ovvero, la UE ci dice: «vuoi un po’ dei tuoi soldi indietro? Te li do sotto forma di finanziamenti, nei progetti che decido io, nelle modalità che decido io e se, e solo se… la metà dei soldi che ti servono ce li metti ancora te (!)». Ovviamente rispettando i «vincoli di bilancio» che ti impongo per rimanere nel “club”. (Quindi se per rispettare i vincoli di bilancio che ti impone la UE ti ritrovi senza risorse per «cofinanziare» i tuoi progetti, perdi anche la restante metà del denaro… un affare questa UE!).
L’appartenenza alla UE e all’euro è in definitiva un’abnorme estrazione di ricchezza dall’Italia che non è altrimenti spiegabile se non con una patente sudditanza politica (oltre che di una patologica “possessione ideologica” chiamata “europeismo”).
Che siamo colonizzati economicamente dalla Germania e politicamente dalla Francia ce lo dicono apertamente pure esponenti di spicco di quel gruppo che può a tutti gli effetti essere definito «classe dirigente» del nostro Paese; esponenti celebri per averci portato in quest’umiliante situazione contraddistinta da più di cinque milioni di poveri, da un numero altrettanto mostruoso di disoccupati ed emigrati, e con ponti, scuole ed ospedali che cadono a pezzi.
Quando imprecate per le buche in mezzo alla strada, fatevi la sacrosanta domanda: «è l’austerità imposta dall’Unione Europea?» (Per inciso: austerità, euro e vincolo di bilancio sono macroeconomicamente la stessa identica cosa: una «politica dei redditi» volta all’impoverimento della maggioranza).
Giuliano Amato già nell’89 sosteneva che: «…Quando si insegna ad un ragazzino di primo anno all’università in che cosa consiste la sovranità, la prima cosa che gli si dice è “batter moneta”.
Quindi c’è niente popò di meno quel problema lì di mezzo. Una volta si diceva “batti moneta e dichiara le guerre”. Ora pudicamente si dice “batti moneta e poi paga pensioni, stipendi”. Batter moneta come caratteristica dello Stato sovrano continua ad essere la prima cosa che viene in mente. E non a caso…». Ovvero l’euro rappresenta la più importante delle cessioni di sovranità. E questa cessione verso chi è avvenuta?
Già affermare che non si è più liberi di «pagare pensioni e stipendi» si afferma già qualcosa di estremamente chiarificatore e allarmante. Le due citazioni seguenti lo esplicitano chiaramente; afferma Prodi:
«Il grosso problema [dello SME, l’accordo valutario preparatorio dell’euro] era di trarne le conseguenze, cioè di approfittare per una immediata nuova politica di tipo salariale, per quella che allora veniva chiamata […] la “politica dei redditi”. […] Ed è abbastanza interessante perché, tutto sommato, nonostante non ci sia stato un adeguamento politico immediato […] però successivamente l’adesione allo SME è stato quella specie di fatto corrosivo quotidiano che ci ha spinto ad avere politiche leggermente più sagge con il passare del tempo.»
Le «politiche più sagge» a cui fa riferimento Prodi sono proprio le «politiche d’austerità», ovvero di compressione dei redditi da lavoro: ovvero è – secondo Prodi – «più saggio» aumentare la disoccupazione, la precarizzazione e la povertà assoluta e relativa.
Il banchiere Guido Carli [inizio anni ‘70] conferma il senso dell’euro esplicitato da Prodi; sulla falsa riga del «gold standard», ovvero dei rigidi vincoli di cambio, l’euro non è altro che una «politica dei redditi» volta a schiacciare i salari:
«L’argine contro il dilagare del potere d’acquisto che muovendo dagli Stati Uniti minaccia di sommergere l’Europa, si continua a sostenere, potrebbe essere innalzato esclusivamente mediante il ripristino del gold standard [ossia di quello che sarà poi la moneta unica, l’euro]. In realtà, concezioni del genere incontravano, un tempo, un coerente completamento nelle enunciazioni che attribuivano al meccanismo concorrenziale il compito di realizzare, mediante congrui adattamenti dei livelli salariali, il riequilibrio dei conti con l’estero.
Insomma, il ritorno alla convertibilità aurea generalizzata implicava governi autoritari, società costituite di plebi poverissime e poco istruite, desiderose solo di cibo, nelle quali la classe dirigente non stenta ad imporre riduzioni dei salari reali, a provocare scientemente disoccupazione, a ridurre lo sviluppo dell’economia.»
Questo scenario ottocentesco privilegia una «classe dirigente» che non ha scrupoli ad affamare il popolo.
Quindi a chi è stata ceduta quella che potrebbe essere chiamata «sovranità interna», ovvero la «sovranità popolare»? La prima risposta è proprio in riferimento ai rapporti di forza nazionali: è stata ceduta alle oligarchie economiche, ai redditieri che non devono lavorare per vivere. Questo per il solo effetto redistributivo “verso l’alto” dei redditi, sempre più bassi per la povera gente e sempre più concentrati sotto forma di rendite in pochissime mani.
Ma questa classe che si è arricchita non sarà forse proprio parte di quel ceto dirigente che collabora con le potenze ostili all’Italia? Magari le stesse a cui è stata ceduta la sovranità nazionale tramite le istituzioni UE, a partire proprio dall’euro?
Mario Monti conferma d’altronde che «le leve del potere sono oramai inesorabilmente altrove» – ovvero la sovranità sarebbe irrimediabilmente ceduta – e le scelte politiche sono quindi prese «al riparo dal processo democratico».
A chi rispondono le classi privilegiate e collaborazioniste italiane? A quali poteri esteri?
A darci una risposta definitiva è ancora Prodi:
«La prima rottura, la disobbedienza del Patto di Stabilità – io ero Presidente della Commissione europea […] – e Germania e Francia, sotto presidenza italiana [dal 1999 al 2004], mi imposero di violare le leggi europee, cioè dissero “comandiamo noi” . Quindi è cominciata una dialettica già da allora, per cui la regola non era più rispettata, ma erano rispettato i rapporti di forza. Questo è purtroppo quello che è avvenuto in Europa; la Commissione è stata messa in situazione di debolezza e gli Stati…hanno cominciato ad essere i comandanti ed il comandante più grande, cioè la Germania, ha comandato più di tutti. […] [L]a Francia comanda la politica estera europea, la Germania quella economica ed ognuno si fa i fatti suoi, non è che ci sia una grande guida armonica […] Io ripeto – un po’ con senso di non bell’umorismo, se vuole – che l’Europa, si diceva sempre, che è un motore a due pistoni franco-tedesco, adesso è fatta da due motori ad un pistone, quello della politica estera francese, quello della politica economica tedesca…»
Chiaro? Prodi dice che senza mezzi termini che abbiamo ceduto le nostre ricchezze e la nostra sovranità nazionale – insieme alla democrazia costituzionale – a Francia e Germania.
Non è ora di riappropriarci del nostro futuro e del nostro benessere?
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Contributi UE: la logica dello sfruttamento coloniale
(A chi abbiamo ceduto la sovranità?)
Nessun dominio coloniale può sussistere senza l’attiva collaborazione di una classe dirigente che agisce negli interessi dello straniero. Solo in questa logica si può spiegare l’imperterrita volontà politica di insistere a contrarre vincoli sempre più stringenti con i paesi dell’eurozona. E lo si può spiegare solo in questo modo proprio perché la stragrande maggioranza degli italiani non ha alcun beneficio economico dai trattati di libero scambio della UE e, soprattutto, non ne ha dall’aver ceduto la sovranità monetaria alla BCE. E poiché il processo d’irrigidimento delle regole che normano i rapporti dei paesi dell’eurozona aumenta di pari passo con crescenti «cessioni di sovranità» – con buona pace dell’art.11 Cost. – ne consegue che le cause di questa masochistica accettazione da parte della nostra classe dirigente di proseguire in un progetto tanto diseconomico – per usare un eufemismo – vanno ricercate in ciò che è a tutti gli effetti una soggezione a un dominio coloniale.
Un fatto eclatante – che sarebbe altrimenti inspiegabile – consiste nei contributi al bilancio UE dell’Italia: ovvero l’Italia, per partecipare al “club europeo” – in cui viene espropriata di sovranità, per cui ha ceduto gran parte delle filiere produttive e si è deindustrializzata, a cui deve mendicare finanziamenti e «flessibilità» – deve versare più di quindici miliardi di euro l’anno (!).
Secondo la Commissione Europea, l’Italia, a fronte dei quindici miliardi versati, «beneficerebbe» di un’ottantina di miliardi di euro grazie alla semplice appartenenza al “club”…
Ci prendono per i fondelli: la contribuzione dell’Italia al bilancio UE è da sempre netta, e, in aggiunta, i tartassati contribuenti italiani devono versare risorse aggiuntive oltre a quelle destinate al bilancio UE.
I “fantastiliardi” che l’Italia guadagnerebbe dall’appartenenza UE non emergono neanche indirettamente dalla bilancia commerciale, ovvero dai rapporti economici con l’estero – che sono in gran parte positivi grazie agli scambi commerciali al di fuori dalla UE – né dal relativo impatto sul PIL. Ci prendono in giro.
Rimane quindi la mera contribuzione netta con la beffa dell’ulteriore aggravio dovuto al «cofinanziamento» per ottenere gli stessi finanziamenti dalla UE: ovvero, non tutti lo sanno, ma non è vero che – come ripete la propaganda coloniale – l’Italia è «disorganizzata», «pasticciona» e non sa sfruttare i finanziamenti de «l’Europa». Per ricevere quella frazione di risorse versate alla UE sotto forma di finanziamenti, l’Italia deve contribuire per circa la metà. Ovvero, la UE ci dice: «vuoi un po’ dei tuoi soldi indietro? Te li do sotto forma di finanziamenti, nei progetti che decido io, nelle modalità che decido io e se, e solo se… la metà dei soldi che ti servono ce li metti ancora te (!)». Ovviamente rispettando i «vincoli di bilancio» che ti impongo per rimanere nel “club”. (Quindi se per rispettare i vincoli di bilancio che ti impone la UE ti ritrovi senza risorse per «cofinanziare» i tuoi progetti, perdi anche la restante metà del denaro… un affare questa UE!).
L’appartenenza alla UE e all’euro è in definitiva un’abnorme estrazione di ricchezza dall’Italia che non è altrimenti spiegabile se non con una patente sudditanza politica (oltre che di una patologica “possessione ideologica” chiamata “europeismo”).
Che siamo colonizzati economicamente dalla Germania e politicamente dalla Francia ce lo dicono apertamente pure esponenti di spicco di quel gruppo che può a tutti gli effetti essere definito «classe dirigente» del nostro Paese; esponenti celebri per averci portato in quest’umiliante situazione contraddistinta da più di cinque milioni di poveri, da un numero altrettanto mostruoso di disoccupati ed emigrati, e con ponti, scuole ed ospedali che cadono a pezzi.
Quando imprecate per le buche in mezzo alla strada, fatevi la sacrosanta domanda: «è l’austerità imposta dall’Unione Europea?» (Per inciso: austerità, euro e vincolo di bilancio sono macroeconomicamente la stessa identica cosa: una «politica dei redditi» volta all’impoverimento della maggioranza).
Giuliano Amato già nell’89 sosteneva che: «…Quando si insegna ad un ragazzino di primo anno all’università in che cosa consiste la sovranità, la prima cosa che gli si dice è “batter moneta”.
Quindi c’è niente popò di meno quel problema lì di mezzo. Una volta si diceva “batti moneta e dichiara le guerre”. Ora pudicamente si dice “batti moneta e poi paga pensioni, stipendi”. Batter moneta come caratteristica dello Stato sovrano continua ad essere la prima cosa che viene in mente. E non a caso…». Ovvero l’euro rappresenta la più importante delle cessioni di sovranità. E questa cessione verso chi è avvenuta?
Già affermare che non si è più liberi di «pagare pensioni e stipendi» si afferma già qualcosa di estremamente chiarificatore e allarmante. Le due citazioni seguenti lo esplicitano chiaramente; afferma Prodi:
«Il grosso problema [dello SME, l’accordo valutario preparatorio dell’euro] era di trarne le conseguenze, cioè di approfittare per una immediata nuova politica di tipo salariale, per quella che allora veniva chiamata […] la “politica dei redditi”. […] Ed è abbastanza interessante perché, tutto sommato, nonostante non ci sia stato un adeguamento politico immediato […] però successivamente l’adesione allo SME è stato quella specie di fatto corrosivo quotidiano che ci ha spinto ad avere politiche leggermente più sagge con il passare del tempo.»
Le «politiche più sagge» a cui fa riferimento Prodi sono proprio le «politiche d’austerità», ovvero di compressione dei redditi da lavoro: ovvero è – secondo Prodi – «più saggio» aumentare la disoccupazione, la precarizzazione e la povertà assoluta e relativa.
Il banchiere Guido Carli [inizio anni ‘70] conferma il senso dell’euro esplicitato da Prodi; sulla falsa riga del «gold standard», ovvero dei rigidi vincoli di cambio, l’euro non è altro che una «politica dei redditi» volta a schiacciare i salari:
«L’argine contro il dilagare del potere d’acquisto che muovendo dagli Stati Uniti minaccia di sommergere l’Europa, si continua a sostenere, potrebbe essere innalzato esclusivamente mediante il ripristino del gold standard [ossia di quello che sarà poi la moneta unica, l’euro]. In realtà, concezioni del genere incontravano, un tempo, un coerente completamento nelle enunciazioni che attribuivano al meccanismo concorrenziale il compito di realizzare, mediante congrui adattamenti dei livelli salariali, il riequilibrio dei conti con l’estero.
Insomma, il ritorno alla convertibilità aurea generalizzata implicava governi autoritari, società costituite di plebi poverissime e poco istruite, desiderose solo di cibo, nelle quali la classe dirigente non stenta ad imporre riduzioni dei salari reali, a provocare scientemente disoccupazione, a ridurre lo sviluppo dell’economia.»
Questo scenario ottocentesco privilegia una «classe dirigente» che non ha scrupoli ad affamare il popolo.
Quindi a chi è stata ceduta quella che potrebbe essere chiamata «sovranità interna», ovvero la «sovranità popolare»? La prima risposta è proprio in riferimento ai rapporti di forza nazionali: è stata ceduta alle oligarchie economiche, ai redditieri che non devono lavorare per vivere. Questo per il solo effetto redistributivo “verso l’alto” dei redditi, sempre più bassi per la povera gente e sempre più concentrati sotto forma di rendite in pochissime mani.
Ma questa classe che si è arricchita non sarà forse proprio parte di quel ceto dirigente che collabora con le potenze ostili all’Italia? Magari le stesse a cui è stata ceduta la sovranità nazionale tramite le istituzioni UE, a partire proprio dall’euro?
Mario Monti conferma d’altronde che «le leve del potere sono oramai inesorabilmente altrove» – ovvero la sovranità sarebbe irrimediabilmente ceduta – e le scelte politiche sono quindi prese «al riparo dal processo democratico».
A chi rispondono le classi privilegiate e collaborazioniste italiane? A quali poteri esteri?
A darci una risposta definitiva è ancora Prodi:
«La prima rottura, la disobbedienza del Patto di Stabilità – io ero Presidente della Commissione europea […] – e Germania e Francia, sotto presidenza italiana [dal 1999 al 2004], mi imposero di violare le leggi europee, cioè dissero “comandiamo noi” . Quindi è cominciata una dialettica già da allora, per cui la regola non era più rispettata, ma erano rispettato i rapporti di forza. Questo è purtroppo quello che è avvenuto in Europa; la Commissione è stata messa in situazione di debolezza e gli Stati…hanno cominciato ad essere i comandanti ed il comandante più grande, cioè la Germania, ha comandato più di tutti. […] [L]a Francia comanda la politica estera europea, la Germania quella economica ed ognuno si fa i fatti suoi, non è che ci sia una grande guida armonica […] Io ripeto – un po’ con senso di non bell’umorismo, se vuole – che l’Europa, si diceva sempre, che è un motore a due pistoni franco-tedesco, adesso è fatta da due motori ad un pistone, quello della politica estera francese, quello della politica economica tedesca…»
Chiaro? Prodi dice che senza mezzi termini che abbiamo ceduto le nostre ricchezze e la nostra sovranità nazionale – insieme alla democrazia costituzionale – a Francia e Germania.
Non è ora di riappropriarci del nostro futuro e del nostro benessere?
(Fonti e approfondimenti: http://orizzonte48.blogspot.com/2019/11/bilancio-ue-litalia-se-pesta-e-derisa.html; http://orizzonte48.blogspot.com/2019/12/amato-prodi-la-politica-dei-redditi-e-i.html)