Come ampiamente ci si aspettava, una nuova devastante serrata – un lockdown – con tanto di coprifuoco e pesanti sanzioni, si sta abbattendo sulla nostra penisola, già martoriata da lustri di austerità e immigrazione di massa. E ce lo si aspettava per l’evidente allarmismo, per i continui richiami a una “seconda ondata” che ci avrebbe atteso spaventevole in autunno.
Tutta questa angoscia sociale si è maggiormente incupita per la totale assenza di un dibattito politico e scientifico, plurale e consapevole; i provvedimenti in nome dell’emergenza non hanno permesso di verificare, democraticamente, l’esistenza della stessa emergenza, nella tirannia di un circolo vizioso in cui chi chiedeva chiarezza, partecipazione e discussione veniva tacciato di «negazionismo», «complottismo», di essere un ostacolo e un pericolo nella gestione di questa emergenza, autocertificata via DPCM dai media di massa.
Dalle porte delle case di anziani, soli e deboli d’udito, si sente perennemente la litania allarmata-per-allarmare di giornalisti che, con il loro italiano povero-per-impoverire, raccontano indefessamente la diffusione di un’invisibile e mortale minaccia per cui è necessario rinunciare a tutto ciò per cui vale la pena vivere. I racconti di esperienze di parenti o conoscenti, minimamente coerenti con la narrazione ufficiale, si propagano di bocca in bocca; la paura paralizza: masse di persone si consegnano a capo chino all’ineluttabilità del destino che la «natura» ha riservato loro. La disperazione di chi aspetta una misera integrazione del reddito da parte dell’INPS per pagare almeno gli alimenti, visto che i costi di luce e gas non sono sostenibili, si mescola cupa a quella di chi non sa più come pagare debiti e far fronte alle spese della propria famiglia: si abbassano le serrande di esercizi che non riapriranno mai più. Il tono d’umore cupo, l’infelicità, si tagliano col coltello come la nebbia padana. Nessuno stringe la mano a chi incontra, nessuno si abbraccia, la solitudine del sospetto separa le vite dalle fondamenta che le significano, ovvero dai rapporti sociali e di lavoro. Solo l’incoscienza giovanile sembra immune all’inversione di qualsiasi principio che regge le comunità umane. Bambini che vengono educati a non abbracciarsi e baciarsi, che non vedono le espressioni dei volti mascherati dei loro tutori e maestri: quando va bene, vista poi la nota paccottiglia ideologico-sessuale che le istituzioni sovranazionali cercano di imporre ai nostri figli già dalla prima infanzia…
Ed è così che l’incremento dei decessi per Covid dichiarato in questo autunno ha sollecitato il governo a prendere una serie di misure draconiane volte a contenere il contagio; il punto è che, stando a quanto riferito dall’Istituto Mario Negri, tali decessi non sono però di persone ricoverate per Covid: costoro sarebbero degenti delle RSA o persone ospedalizzate per altre patologie solo in seguito risultate positive al Covid19. In tali casi le restrizione della libertà adottate come provvedimento sarebbero da considerare inadeguate e quindi da ritenere ingiustificate.
Già partendo da tali considerazioni, emerge con tutta la sua drammatica importanza il problema politico di fronte a pressioni sociali di tale portata.
Risulta così fondato il sospetto che il secondo lockdown generale sia stato deciso già da tempo, come sostiene il prof. Eugenio Capozzi, docente di Storia moderna all’Università di Napoli, secondo cui le varie manfrine mediatiche tra medici e politici sul tipo di misure da prendere somigliano tanto a un balletto funzionale a far accettare senza strappi le misure già decise (da chi?, e perché?), valutando gradatamente la risposta dell’opinione pubblica.
La direzione in cui sono volte le misure apparirebbe così chiaramente pianificata.
Un percorso di ristrutturazione sociale e politica che non avrebbe molto a che vedere con la situazione sanitaria, ad ora stabilmente sotto controllo – al di là dei gravi danni al servizio sanitario causati dai tagli – e che presenta una pressione sugli ospedali addirittura minore rispetto a quella che ogni anno mette in affanno le strutture a causa delle epidemie stagionali di normale influenza.
Viene così agevole dedurre che decessi e terapie intensive siano in gran parte di persone anziane con patologie pregresse, tendenzialmente già ricoverate. «I dati lasciano pochi dubbi su scala locale anche se il governo si guarda bene da chiarirlo a livello nazionale», afferma Capozzi.
Se l’obiettivo fosse la tutela delle fasce di cittadini a rischio, che un’analisi statistica farebbe emergere con una certa chiarezza, basterebbe sorvegliare gli anziani con patologie specifiche attraverso i medici di base e le unità di “giovani medici” che si recano nelle case per assistere direttamente i pazienti Covid, somministrare loro terapie ormai note ai primi sospetti d’infezione, fornire servizi per evitar loro il più possibile di uscire di casa, e raccomandare ai rispettivi familiari di adottare tutte le accortezze necessarie.
Per quanto tutto questo sia banalmente razionale, e meritevole di ampia discussione pubblica, il governo procede per la sua strada, autoreferenziale. Non si può quindi non pensare che ciò che è già stato pianificato da tempo abbia obiettivi inconfessabili, di natura meramente politica: le misure appaiono come un grande esperimento per disciplinare in senso autoritario la società funzionalmente ad un modello socioeconomico ben preciso.
È un piano non solo italiano ma internazionale, di cui «il nostro governo è solo uno tra gli esecutori».
L’obiettivo di queste classi dirigenti è enfatizzare a dismisura il pericolo dell’epidemia per radere al suolo – stando sempre col prof. Capozzi – «quel che resta della piccola e media impresa, del terziario autonomo, degli spazi di istruzione, socialità e cultura “fisici”, e sostituirli con consumi, intrattenimento, didattica, socialità integralmente digitalizzati» – a distanza – totalmente gestiti dalle mastodontiche organizzazioni hi-tech globali.
«La narrazione terroristica del Covid e i lockdown diventano quindi lo strumento per rimpiazzare del tutto la socializzazione con i social network, le comunità di scuola e università con la didattica su piattaforma, l’amore e il sesso con il dating virtuale, i ristoranti e i bar con il food delivery, i cinema e i teatri con Netflix, lo shopping con Amazon, i concerti con le dirette a distanza, lo sport con il workout casalingo gestito da app, il lavoro con sussidi statali di semi-indigenza, il culto religioso comunitario con una spiritualità solitaria senza nessun rilievo sociale. E, soprattutto, per eliminare ogni forma di associazione culturale, circolo, movimento civico e politico libero, non controllabile, trasformando la società civile in una pluralità di individui isolati che si limitano ad essere followers dei leader politici, in un quotidiano reality show, “profilati” e sottoposti al continuo martellamento delle news unanimi di regime selezionate per loro dai social media depurandole di quelle che loro chiamano fake news, cioè di ogni fonte che non sia approvata dal complesso politico-mediatico mainstream».
«L’accelerazione di questa trasformazione permetterebbe, per le élites europee, la saldatura tra il mega-tecno-capitalismo d’oltreoceano, lo statalismo burocratico Ue a economia sussidiata e il modello di mercato autoritario cinese.
L’unico ostacolo che può ancora frapporsi tra il progetto e la sua attuazione è la reazione, la resistenza, la mobilitazione delle società civili europee, dei ceti e delle fasce sociali che si è deciso di sacrificare. Dalla loro capacità di ribellione, dalla loro capacità di coordinarsi, dando vita a un blocco sociale e politico coerente […], dipende se l’esperimento tecno-autoritario riuscirà o sarà dichiarato fallito, o quanto meno dilazionato.»
Ovviamente, come afferma il britannico Principe Carlo, questa grande trasformazione trainata «dal settore privato», e accelerata in occasione della “emergenza pandemica”, è da fare il più presto possibile perché saremmo «letteralmente all’ultima ora» per salvare il pianeta dal disastro ecologico.
Confermando che tra il popolo e le piante l’élite preferisce le piante.
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DPCM, serrate e sovranazionalismo ecologico
Come ampiamente ci si aspettava, una nuova devastante serrata – un lockdown – con tanto di coprifuoco e pesanti sanzioni, si sta abbattendo sulla nostra penisola, già martoriata da lustri di austerità e immigrazione di massa. E ce lo si aspettava per l’evidente allarmismo, per i continui richiami a una “seconda ondata” che ci avrebbe atteso spaventevole in autunno.
Tutta questa angoscia sociale si è maggiormente incupita per la totale assenza di un dibattito politico e scientifico, plurale e consapevole; i provvedimenti in nome dell’emergenza non hanno permesso di verificare, democraticamente, l’esistenza della stessa emergenza, nella tirannia di un circolo vizioso in cui chi chiedeva chiarezza, partecipazione e discussione veniva tacciato di «negazionismo», «complottismo», di essere un ostacolo e un pericolo nella gestione di questa emergenza, autocertificata via DPCM dai media di massa.
Dalle porte delle case di anziani, soli e deboli d’udito, si sente perennemente la litania allarmata-per-allarmare di giornalisti che, con il loro italiano povero-per-impoverire, raccontano indefessamente la diffusione di un’invisibile e mortale minaccia per cui è necessario rinunciare a tutto ciò per cui vale la pena vivere. I racconti di esperienze di parenti o conoscenti, minimamente coerenti con la narrazione ufficiale, si propagano di bocca in bocca; la paura paralizza: masse di persone si consegnano a capo chino all’ineluttabilità del destino che la «natura» ha riservato loro. La disperazione di chi aspetta una misera integrazione del reddito da parte dell’INPS per pagare almeno gli alimenti, visto che i costi di luce e gas non sono sostenibili, si mescola cupa a quella di chi non sa più come pagare debiti e far fronte alle spese della propria famiglia: si abbassano le serrande di esercizi che non riapriranno mai più. Il tono d’umore cupo, l’infelicità, si tagliano col coltello come la nebbia padana. Nessuno stringe la mano a chi incontra, nessuno si abbraccia, la solitudine del sospetto separa le vite dalle fondamenta che le significano, ovvero dai rapporti sociali e di lavoro. Solo l’incoscienza giovanile sembra immune all’inversione di qualsiasi principio che regge le comunità umane. Bambini che vengono educati a non abbracciarsi e baciarsi, che non vedono le espressioni dei volti mascherati dei loro tutori e maestri: quando va bene, vista poi la nota paccottiglia ideologico-sessuale che le istituzioni sovranazionali cercano di imporre ai nostri figli già dalla prima infanzia…
Ed è così che l’incremento dei decessi per Covid dichiarato in questo autunno ha sollecitato il governo a prendere una serie di misure draconiane volte a contenere il contagio; il punto è che, stando a quanto riferito dall’Istituto Mario Negri, tali decessi non sono però di persone ricoverate per Covid: costoro sarebbero degenti delle RSA o persone ospedalizzate per altre patologie solo in seguito risultate positive al Covid19. In tali casi le restrizione della libertà adottate come provvedimento sarebbero da considerare inadeguate e quindi da ritenere ingiustificate.
Già partendo da tali considerazioni, emerge con tutta la sua drammatica importanza il problema politico di fronte a pressioni sociali di tale portata.
Risulta così fondato il sospetto che il secondo lockdown generale sia stato deciso già da tempo, come sostiene il prof. Eugenio Capozzi, docente di Storia moderna all’Università di Napoli, secondo cui le varie manfrine mediatiche tra medici e politici sul tipo di misure da prendere somigliano tanto a un balletto funzionale a far accettare senza strappi le misure già decise (da chi?, e perché?), valutando gradatamente la risposta dell’opinione pubblica.
La direzione in cui sono volte le misure apparirebbe così chiaramente pianificata.
Un percorso di ristrutturazione sociale e politica che non avrebbe molto a che vedere con la situazione sanitaria, ad ora stabilmente sotto controllo – al di là dei gravi danni al servizio sanitario causati dai tagli – e che presenta una pressione sugli ospedali addirittura minore rispetto a quella che ogni anno mette in affanno le strutture a causa delle epidemie stagionali di normale influenza.
Viene così agevole dedurre che decessi e terapie intensive siano in gran parte di persone anziane con patologie pregresse, tendenzialmente già ricoverate. «I dati lasciano pochi dubbi su scala locale anche se il governo si guarda bene da chiarirlo a livello nazionale», afferma Capozzi.
Se l’obiettivo fosse la tutela delle fasce di cittadini a rischio, che un’analisi statistica farebbe emergere con una certa chiarezza, basterebbe sorvegliare gli anziani con patologie specifiche attraverso i medici di base e le unità di “giovani medici” che si recano nelle case per assistere direttamente i pazienti Covid, somministrare loro terapie ormai note ai primi sospetti d’infezione, fornire servizi per evitar loro il più possibile di uscire di casa, e raccomandare ai rispettivi familiari di adottare tutte le accortezze necessarie.
Per quanto tutto questo sia banalmente razionale, e meritevole di ampia discussione pubblica, il governo procede per la sua strada, autoreferenziale. Non si può quindi non pensare che ciò che è già stato pianificato da tempo abbia obiettivi inconfessabili, di natura meramente politica: le misure appaiono come un grande esperimento per disciplinare in senso autoritario la società funzionalmente ad un modello socioeconomico ben preciso.
È un piano non solo italiano ma internazionale, di cui «il nostro governo è solo uno tra gli esecutori».
L’obiettivo di queste classi dirigenti è enfatizzare a dismisura il pericolo dell’epidemia per radere al suolo – stando sempre col prof. Capozzi – «quel che resta della piccola e media impresa, del terziario autonomo, degli spazi di istruzione, socialità e cultura “fisici”, e sostituirli con consumi, intrattenimento, didattica, socialità integralmente digitalizzati» – a distanza – totalmente gestiti dalle mastodontiche organizzazioni hi-tech globali.
«La narrazione terroristica del Covid e i lockdown diventano quindi lo strumento per rimpiazzare del tutto la socializzazione con i social network, le comunità di scuola e università con la didattica su piattaforma, l’amore e il sesso con il dating virtuale, i ristoranti e i bar con il food delivery, i cinema e i teatri con Netflix, lo shopping con Amazon, i concerti con le dirette a distanza, lo sport con il workout casalingo gestito da app, il lavoro con sussidi statali di semi-indigenza, il culto religioso comunitario con una spiritualità solitaria senza nessun rilievo sociale. E, soprattutto, per eliminare ogni forma di associazione culturale, circolo, movimento civico e politico libero, non controllabile, trasformando la società civile in una pluralità di individui isolati che si limitano ad essere followers dei leader politici, in un quotidiano reality show, “profilati” e sottoposti al continuo martellamento delle news unanimi di regime selezionate per loro dai social media depurandole di quelle che loro chiamano fake news, cioè di ogni fonte che non sia approvata dal complesso politico-mediatico mainstream».
«L’accelerazione di questa trasformazione permetterebbe, per le élites europee, la saldatura tra il mega-tecno-capitalismo d’oltreoceano, lo statalismo burocratico Ue a economia sussidiata e il modello di mercato autoritario cinese.
L’unico ostacolo che può ancora frapporsi tra il progetto e la sua attuazione è la reazione, la resistenza, la mobilitazione delle società civili europee, dei ceti e delle fasce sociali che si è deciso di sacrificare. Dalla loro capacità di ribellione, dalla loro capacità di coordinarsi, dando vita a un blocco sociale e politico coerente […], dipende se l’esperimento tecno-autoritario riuscirà o sarà dichiarato fallito, o quanto meno dilazionato.»
Ovviamente, come afferma il britannico Principe Carlo, questa grande trasformazione trainata «dal settore privato», e accelerata in occasione della “emergenza pandemica”, è da fare il più presto possibile perché saremmo «letteralmente all’ultima ora» per salvare il pianeta dal disastro ecologico.
Confermando che tra il popolo e le piante l’élite preferisce le piante.