«Anche in caso di crisi, devi comportarti correttamente. Devi rispettare la democrazia parlamentare e lo stato di diritto. I tedeschi hanno una costituzione che ci dice cosa è permesso o meno.» Schäuble, Presidente del Bundestag, aprile 2020.
Il presidente del parlamento tedesco, Wolfgang Schäuble, è stato chiaro nel porre i limiti al processo d’integrazione europea e, quindi, a qualsiasi istituzionalizzazione di solidarietà fiscale: unione fiscale propedeutica a una “supernazione” europea.
Innanzitutto la corte suprema tedesca aveva già stabilito che gli «eurobond» – ovvero titoli di debito comuni agli stati unionisti – violano la Legge fondamentale della Germania, ovvero la costituzione tedesca. Questi strumenti priverebbero il Bundestag dei poteri d’imposta e di spesa – la linfa vitale dei parlamenti – in favore di un organo paneuropeo situato al di là della supervisione legislativa del parlamento nazionale. Nessun elettore tedesco, olandese, austriaco o finlandese ha mai accettato una tale situazione. In breve la Germania, usando le sue armi per far valere i propri legittimi interessi, non può che ipotecare il futuro dell’euro, del mercato unico e dell’intero esperimento europeo postbellico.
Un esperimento che ha portato sempre più frustrazione, nichilismo democratico e miseria in gran parte degli strati sociali dei paesi eurouniti.
Bisogna ricordare che l’insanabile instabilità dell’eurozona deriva da un difetto originario: una moneta unica senza un’unione fiscale, ovvero senza trasferimenti fiscali tra mercati profondamente diversi, porta ad aspri conflitti tra nazioni che hanno esigenze profondamente diverse.
Ora che viviamo i disastrosi effetti del Covid-19 e del relativo lockdown, con il collasso diffuso delle economie, i debiti del sud dell’eurozona risultano sempre più insostenibili senza una politica economica sovrana: la situazione è esplosiva. Ovvero senza un’autonoma banca centrale nazionale capace di esprimere una politica monetaria adeguata al suo mercato di riferimento, e la possibilità di poter porre in essere politiche fiscali libere da vincoli giuridici derivanti da fonti pattizie come i trattati UE, i governi nazionali o si accordano per violare, cambiare, i trattati europei, oppure si devono sottomettere alla troika (ovvero al MES o similia). Ovvero se un governo non può esercitare la piena sovranità per promuovere politiche anticicliche, deve per forza prendere in prestito finanziamenti con «condizioni» (ovvero “a strozzo”, per cui il capitale deve essere restituito con gli interessi e garantito da cessioni di sovranità e patrimonio, pubblico e privato).
La via sino ad ora seguita dalla BCE è stata quella di porre in essere programmi di acquisto volti ad aggirare le norme dei Trattati che impongono il divieto di qualsiasi solidarietà fiscale; questo risulta intollerabile al blocco di paesi che hanno interessi convergenti con quelli della Germania, il paese dell’eurozona più grande e maggior creditore. Eppure l’unica via per uscire da questa recessione, che si presenta come la più grave dalla seconda guerra mondiale, è quella di ricorrere ad una massiccia monetizzazione da parte della banca centrale; operazione che, però, viola lo statuto della BCE e le regole dei Trattati (oltre non essere negli interessi dei paesi creditori).
L’assurdità dei Trattati che nascono per essere anticooperativi, e quindi funzionali solo agli interessi dei paesi più grossi e competitivi, si palesa di fronte agli attoniti europeisti che sognano gli Stati Uniti d’Europa: decenni di lavoro e fatica di milioni di persone gettati via dalle perenni crisi dell’area dell’euro perché la cieca ideologia non permette di far realizzare agli unionisti che leggere i Trattati è consigliabile. E il fine dei Trattati – quelli veri, non immaginari degli europeisti – non è mai sicuramente stato quello di realizzare una unione federale. Il fine è sempre stato un altro, ovviamente: e cioè porre in essere la «rivoluzione neoliberista» e la fine delle costituzioni «socialiste» europee.
Eh già. Le costituzioni: queste altre sconosciute. Fonti di tutto l’ordinamento giuridico che regola le istituzioni e i rapporti sociali di una nazione.
In Italia così la Costituzione è stata svilita per far questa ottocentesca «rivoluzione neoliberista» a favore del grande capitale, e per accarezzare i sogni megalomani degli europeisti; quindi qualsiasi umiliazione e qualsiasi inflizione di sofferenze sociali è ideologicamente accettata da chi non si ricorda – ma anche da chi si ricorda – dell’esistenza della Costituzione (la corte costituzionale italiana è in definitiva una dépendance di Bruxelles).
In Germania la costituzione, invece, non è carta morta, ma è fatta rispettare: e questa, come ricorda Schäuble, «dice cosa è permesso o meno» ai tedeschi. Nell’interesse della nazione.
E così, il 5 maggio, la corte costituzionale tedesca ha affermato, in linea con le sentenze precedenti, che la BCE sta perseguendo politiche monetarie che esulano dalle sue competenze. In particolare, giudica qualsiasi meccanismo solidale di distribuzione dei debiti a livello europeo [eurobond] tendenzialmente incostituzionale; e aggiunge che il fondamentale programma di acquisti della BCE posto in essere per affrontare la crisi dovuta al lockdown [PSPP] è illegittimo e può continuare solo se vincolato al PIL e alla popolazione totale di ogni singolo paese [capital key]; e solo se valutata la solvibilità debitoria. Ovvero gli aiuti della BCE possono continuare solo se di fatto non servono ai paesi in difficoltà.
La corte costituzionale di Karlsruhe ha affermato senza mezzi termini la preminenza del diritto tedesco su quello eurounionista – specificando che ritiene non vincolanti le decisioni della Corte di Giustizia Europea – e ha sentenziato che il governo tedesco ha il dovere di mettersi di traverso agli attuali programmi straordinari di acquisto della BCE, agendo affinché le istituzioni europee non oltrepassino i limiti del loro mandato. E, in ultimo, ha dato alla BCE tre mesi di tempo per rimediare.
Questa direzione impressa al governo tedesca confligge con la norma fondamentale che regola il funzionamento della BCE, norma che sancisce la «indipendenza» della banca centrale europea dalle volontà politiche delle singole nazioni.
Il risultato è che: o la BCE si piega alle richieste tedesche violando il suo mandato in riferimento alla sua «indipendenza», costringendo i paesi in difficoltà a subire la troika o uscire dall’euro, oppure la BCE si rifiuta di seguire le indicazioni del governo tedesco, e la Germania deve prendere in considerazione di uscire – lei – dall’euro.
In tutto ciò, da qui a tre mesi, se non ci saranno colpi di scena, sul nostro Paese si potranno abbattere speculazioni finanziarie che potrebbero portare sull’orlo della bancarotta la nazione, e gli italiani, stremati dal lockdown, senza alcun sostegno finanziario dal proprio governo, si troveranno consegnati alle politiche di austerità della troika che – date la bilancia commerciale e la posizione patrimoniale sull’estero dell’Italia (eccellenti) – sarebbe una follia insensata.
Eppure la soluzione c’è: ed è iscritta nella Costituzione Italiana.
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Germania, Italia e Costituzioni
«Anche in caso di crisi, devi comportarti correttamente. Devi rispettare la democrazia parlamentare e lo stato di diritto. I tedeschi hanno una costituzione che ci dice cosa è permesso o meno.» Schäuble, Presidente del Bundestag, aprile 2020.
Il presidente del parlamento tedesco, Wolfgang Schäuble, è stato chiaro nel porre i limiti al processo d’integrazione europea e, quindi, a qualsiasi istituzionalizzazione di solidarietà fiscale: unione fiscale propedeutica a una “supernazione” europea.
Innanzitutto la corte suprema tedesca aveva già stabilito che gli «eurobond» – ovvero titoli di debito comuni agli stati unionisti – violano la Legge fondamentale della Germania, ovvero la costituzione tedesca. Questi strumenti priverebbero il Bundestag dei poteri d’imposta e di spesa – la linfa vitale dei parlamenti – in favore di un organo paneuropeo situato al di là della supervisione legislativa del parlamento nazionale. Nessun elettore tedesco, olandese, austriaco o finlandese ha mai accettato una tale situazione. In breve la Germania, usando le sue armi per far valere i propri legittimi interessi, non può che ipotecare il futuro dell’euro, del mercato unico e dell’intero esperimento europeo postbellico.
Un esperimento che ha portato sempre più frustrazione, nichilismo democratico e miseria in gran parte degli strati sociali dei paesi eurouniti.
Bisogna ricordare che l’insanabile instabilità dell’eurozona deriva da un difetto originario: una moneta unica senza un’unione fiscale, ovvero senza trasferimenti fiscali tra mercati profondamente diversi, porta ad aspri conflitti tra nazioni che hanno esigenze profondamente diverse.
Ora che viviamo i disastrosi effetti del Covid-19 e del relativo lockdown, con il collasso diffuso delle economie, i debiti del sud dell’eurozona risultano sempre più insostenibili senza una politica economica sovrana: la situazione è esplosiva. Ovvero senza un’autonoma banca centrale nazionale capace di esprimere una politica monetaria adeguata al suo mercato di riferimento, e la possibilità di poter porre in essere politiche fiscali libere da vincoli giuridici derivanti da fonti pattizie come i trattati UE, i governi nazionali o si accordano per violare, cambiare, i trattati europei, oppure si devono sottomettere alla troika (ovvero al MES o similia). Ovvero se un governo non può esercitare la piena sovranità per promuovere politiche anticicliche, deve per forza prendere in prestito finanziamenti con «condizioni» (ovvero “a strozzo”, per cui il capitale deve essere restituito con gli interessi e garantito da cessioni di sovranità e patrimonio, pubblico e privato).
La via sino ad ora seguita dalla BCE è stata quella di porre in essere programmi di acquisto volti ad aggirare le norme dei Trattati che impongono il divieto di qualsiasi solidarietà fiscale; questo risulta intollerabile al blocco di paesi che hanno interessi convergenti con quelli della Germania, il paese dell’eurozona più grande e maggior creditore. Eppure l’unica via per uscire da questa recessione, che si presenta come la più grave dalla seconda guerra mondiale, è quella di ricorrere ad una massiccia monetizzazione da parte della banca centrale; operazione che, però, viola lo statuto della BCE e le regole dei Trattati (oltre non essere negli interessi dei paesi creditori).
L’assurdità dei Trattati che nascono per essere anticooperativi, e quindi funzionali solo agli interessi dei paesi più grossi e competitivi, si palesa di fronte agli attoniti europeisti che sognano gli Stati Uniti d’Europa: decenni di lavoro e fatica di milioni di persone gettati via dalle perenni crisi dell’area dell’euro perché la cieca ideologia non permette di far realizzare agli unionisti che leggere i Trattati è consigliabile. E il fine dei Trattati – quelli veri, non immaginari degli europeisti – non è mai sicuramente stato quello di realizzare una unione federale. Il fine è sempre stato un altro, ovviamente: e cioè porre in essere la «rivoluzione neoliberista» e la fine delle costituzioni «socialiste» europee.
Eh già. Le costituzioni: queste altre sconosciute. Fonti di tutto l’ordinamento giuridico che regola le istituzioni e i rapporti sociali di una nazione.
In Italia così la Costituzione è stata svilita per far questa ottocentesca «rivoluzione neoliberista» a favore del grande capitale, e per accarezzare i sogni megalomani degli europeisti; quindi qualsiasi umiliazione e qualsiasi inflizione di sofferenze sociali è ideologicamente accettata da chi non si ricorda – ma anche da chi si ricorda – dell’esistenza della Costituzione (la corte costituzionale italiana è in definitiva una dépendance di Bruxelles).
In Germania la costituzione, invece, non è carta morta, ma è fatta rispettare: e questa, come ricorda Schäuble, «dice cosa è permesso o meno» ai tedeschi. Nell’interesse della nazione.
E così, il 5 maggio, la corte costituzionale tedesca ha affermato, in linea con le sentenze precedenti, che la BCE sta perseguendo politiche monetarie che esulano dalle sue competenze. In particolare, giudica qualsiasi meccanismo solidale di distribuzione dei debiti a livello europeo [eurobond] tendenzialmente incostituzionale; e aggiunge che il fondamentale programma di acquisti della BCE posto in essere per affrontare la crisi dovuta al lockdown [PSPP] è illegittimo e può continuare solo se vincolato al PIL e alla popolazione totale di ogni singolo paese [capital key]; e solo se valutata la solvibilità debitoria. Ovvero gli aiuti della BCE possono continuare solo se di fatto non servono ai paesi in difficoltà.
La corte costituzionale di Karlsruhe ha affermato senza mezzi termini la preminenza del diritto tedesco su quello eurounionista – specificando che ritiene non vincolanti le decisioni della Corte di Giustizia Europea – e ha sentenziato che il governo tedesco ha il dovere di mettersi di traverso agli attuali programmi straordinari di acquisto della BCE, agendo affinché le istituzioni europee non oltrepassino i limiti del loro mandato. E, in ultimo, ha dato alla BCE tre mesi di tempo per rimediare.
Questa direzione impressa al governo tedesca confligge con la norma fondamentale che regola il funzionamento della BCE, norma che sancisce la «indipendenza» della banca centrale europea dalle volontà politiche delle singole nazioni.
Il risultato è che: o la BCE si piega alle richieste tedesche violando il suo mandato in riferimento alla sua «indipendenza», costringendo i paesi in difficoltà a subire la troika o uscire dall’euro, oppure la BCE si rifiuta di seguire le indicazioni del governo tedesco, e la Germania deve prendere in considerazione di uscire – lei – dall’euro.
In tutto ciò, da qui a tre mesi, se non ci saranno colpi di scena, sul nostro Paese si potranno abbattere speculazioni finanziarie che potrebbero portare sull’orlo della bancarotta la nazione, e gli italiani, stremati dal lockdown, senza alcun sostegno finanziario dal proprio governo, si troveranno consegnati alle politiche di austerità della troika che – date la bilancia commerciale e la posizione patrimoniale sull’estero dell’Italia (eccellenti) – sarebbe una follia insensata.
Eppure la soluzione c’è: ed è iscritta nella Costituzione Italiana.
(Per fonti e approfondimenti: Le conseguenze economiche Karlsruke)