La tragifarsa greca continua ad intrattenerci, con attori ormai sempre meno credibili: il bollito Tsipras, il lunatico Dijssenbloem, l’austera Merkel e l’algida Lagarde, con il contorno di un Varufakis ormai nelle retrovie, Schauble imbavagliato, i “mercati” altalenanti fra incauti ottimismi ed improvvisi attacchi di panico e noi, cittadini europei, spettatori sempre più confusi e perplessi.
L’ennesima “data soglia” del 12 maggio, prevedibilmente, non porterà nessuna svolta né soluzione della spinosa questione, e si rimanderà alla prossima puntata la quadratura del cerchio che dovrebbe “risolvere” la questione del debito greco.
L’ultimo scenario, delineatosi tra ieri ed oggi, vede un FMI che rimbrotta l’Eurogruppo intimandogli di considerare un haircut, cioè uno sconto sul debito greco verso la UE (mentre quello verso il FMI andrà pagato per intero, ovviamente). Ed improvvisamente, da Bruxelles arrivano segnali di apertura: in fondo l’haircut colpirebbe quasi unicamente i contribuenti, quindi – come insegna il FMI – si può anche essere generosi (con i crediti degli altri).
Nel frattempo, Tsipras continua a fare l’unica cosa che ha saputo fare – benissimo – sino ad oggi: perdere tempo. Anzi, secondo qualcuno (chi dà credito ad un’inconfessata linea strategica ordita da Varufakis per “preparare” il ritorno alla dracma) vuole prendere tempo.
Servirà? Sarà inutile? Alle borse l’ardua sentenza. Già, perché ormai il “sentiment” dei mercati decide molto più dei summit politico-economici.
Sino a ieri, sembrava che il default greco fosse inesorabile e vicinissimo. Oggi di nuovo pare allontanarsi. Questo balletto reggerà ancora per un po’, ma se la situazione non si stabilizzerà presto, in qualsiasi modo, la possibile “scivolata” rimane dietro l’angolo.
In parole povere, se i detentori di bond di paesi periferici dell’eurozona, visti come a “rischio” per gli alti debiti pubblici, vedessero le prossime manovre come una minaccia ai propri investimenti, potrebbe partire un’ondata di vendite che, magari incrociandosi con un’imprudente azione speculativa, potrebbe scatenare la tempesta perfetta.
Forse – anche se quasi nessuno lo dice ad alta voce – tale infausta evenienza potrebbe sopravvenire anche senza il passaggio attraverso la temutissima Grexit (che le banche vedono come il diluvio, e a ragione, nonostante i sorrisi e le rassicurazioni di facciata), per un susseguirsi di reazioni a catena che potrebbero innescarsi a partire da un’apparentemente innocua e semplice “ristrutturazione”.
Può ben darsi che queste prospettive siano eccessivamente fantasiose, chissà. Ma non sarebbe la prima volta che sulla scena politica economica accade che la realtà superi la fantasia.
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GRECIA: L’ULTIMA PUNTATA CHE NON SI VEDE
La tragifarsa greca continua ad intrattenerci, con attori ormai sempre meno credibili: il bollito Tsipras, il lunatico Dijssenbloem, l’austera Merkel e l’algida Lagarde, con il contorno di un Varufakis ormai nelle retrovie, Schauble imbavagliato, i “mercati” altalenanti fra incauti ottimismi ed improvvisi attacchi di panico e noi, cittadini europei, spettatori sempre più confusi e perplessi.
L’ennesima “data soglia” del 12 maggio, prevedibilmente, non porterà nessuna svolta né soluzione della spinosa questione, e si rimanderà alla prossima puntata la quadratura del cerchio che dovrebbe “risolvere” la questione del debito greco.
L’ultimo scenario, delineatosi tra ieri ed oggi, vede un FMI che rimbrotta l’Eurogruppo intimandogli di considerare un haircut, cioè uno sconto sul debito greco verso la UE (mentre quello verso il FMI andrà pagato per intero, ovviamente). Ed improvvisamente, da Bruxelles arrivano segnali di apertura: in fondo l’haircut colpirebbe quasi unicamente i contribuenti, quindi – come insegna il FMI – si può anche essere generosi (con i crediti degli altri).
Nel frattempo, Tsipras continua a fare l’unica cosa che ha saputo fare – benissimo – sino ad oggi: perdere tempo. Anzi, secondo qualcuno (chi dà credito ad un’inconfessata linea strategica ordita da Varufakis per “preparare” il ritorno alla dracma) vuole prendere tempo.
Servirà? Sarà inutile? Alle borse l’ardua sentenza. Già, perché ormai il “sentiment” dei mercati decide molto più dei summit politico-economici.
Sino a ieri, sembrava che il default greco fosse inesorabile e vicinissimo. Oggi di nuovo pare allontanarsi. Questo balletto reggerà ancora per un po’, ma se la situazione non si stabilizzerà presto, in qualsiasi modo, la possibile “scivolata” rimane dietro l’angolo.
In parole povere, se i detentori di bond di paesi periferici dell’eurozona, visti come a “rischio” per gli alti debiti pubblici, vedessero le prossime manovre come una minaccia ai propri investimenti, potrebbe partire un’ondata di vendite che, magari incrociandosi con un’imprudente azione speculativa, potrebbe scatenare la tempesta perfetta.
Forse – anche se quasi nessuno lo dice ad alta voce – tale infausta evenienza potrebbe sopravvenire anche senza il passaggio attraverso la temutissima Grexit (che le banche vedono come il diluvio, e a ragione, nonostante i sorrisi e le rassicurazioni di facciata), per un susseguirsi di reazioni a catena che potrebbero innescarsi a partire da un’apparentemente innocua e semplice “ristrutturazione”.
Può ben darsi che queste prospettive siano eccessivamente fantasiose, chissà. Ma non sarebbe la prima volta che sulla scena politica economica accade che la realtà superi la fantasia.
Francesca Donato