Ormai è ufficiale: a fine Gennaio in Grecia si vota per eleggere il nuovo Parlamento.
Il favorito è Syriza, partito di sinistra radicale guidato da Tzipras, il quale – a differenza di altri partiti euroscettici europei – non propone espressamente l’uscita del Paese dall’euro, ma una ristrutturazione del debito greco con la ridiscussione degli accordi sottoscritti con la Troika per il salvataggio della Grecia. Il che è – per l’eurosistema – ancora peggio, perché mette gli aguzzini europei con le spalle al muro: o accettare un haircut sul debito di proporzioni notevoli, estremamente svantaggioso per loro, o espellere la Grecia dall’Eurozona, scatenando l’effetto-domino sulla scena dei Paesi deboli europei.
Schauble, ministro delle finanze tedesco, tradisce forte nervosismo quando arriva a minacciare il governo greco dicendo che “ci saranno problemi” se, qualunque governo nascerà dalle elezioni, non rispetterà gli accordi presi.
Ma tutti sanno che i problemi saranno soprattutto di Draghi, che vede erodersi le possibilità di realizzare davvero quel QE su cui puntano tutti i mercati da mesi, se il Titolo di Stato greco sarà a rischio default praticamente certo, dato che questo bloccherà il piano di acquisto dei titoli pro-quota del debito greco, come la Bundesbank chiede da tempo.
D’altro canto, il flop sulle aspettative di QE, seguente alla crisi greca, sarebbe un disastro per il mercato finanziario, visto che la bolla sui titoli creatasi negli ultimi mesi, dovuta alla massiccia richiesta di titoli di Stato dei Paesi fortemente indebitati proprio per l’aspettativa della manovra di acquisto da parte della BCE, che ha portato all’innaturale basso rendimento anche dei BTP, scoppierebbe senza dubbio, scatenando rialzi dello spread tali da mettere in ginocchio nuovamente Paesi come Italia, Spagna e Portogallo (oltre alla Grecia).
Tale incognita, già presente da prima a causa del pendente giudizio davanti alla ECJ sulla legittimità delle OMT, raddoppia il rischio di deflagrazione dell’Eurozona, rendendo improvvisamente vicino e nitido, anche per coloro che fino a ieri scrollavano la testa ridacchiando di fronte ai preavvisi di eurobreak-up, uno scenario quasi apocalittico per i mercati europei e non solo.
Alle criticità già dette si aggiungono, con pregnanza non di certo minore, l’avvicinarsi delle elezioni nel 2015 anche in altri Paesi UE agitati da forti correnti euroscettiche: la Spagna, il Portogallo, la Gran Bretagna.
Il passare del tempo non fa che confermare tutte le peggiori previsioni sull’andamento delle economie nell’Eurozona: deflazione, disoccupazione in aumento, consumi in calo, aumento del debito pubblico. Tutto ciò rafforza inevitabilmente i partiti che propongono l’uscita dal sistema della moneta unica, o addirittura dall’Unione europea, che hanno dimostrato il totale fallimento delle politiche economiche imposte dalla Troika ai Paesi membri, utili unicamente per tutelare gli interessi delle multinazionali e dell’export tedesco.
Moltissimi tuttavia, ancora oggi, non si rendono conto di quanto il “botto” sia vicino, ed esorcizzano le paure con battute e scongiuri.
Va tutto bene, purché poi, quando le macerie ci seppelliranno, abbiano la decenza di tacere e ammettere che non avevano mai capito niente.
Non sarà una vittoria per chi aveva avvertito che senza una scelta di uscita ordinata dall’euro ci saremmo presto trovati a che fare con un crollo incontrollato e molto più pericoloso. Ma almeno ci risparmieranno altre litanie demenziali sulla prossima “ripresa” per almeno qualche annetto…
Per offrirti la migliore esperienza di navigazione possibile nel nostro sito Web utilizziamo cookie, anche di terza parte. OKPrivacy Policy
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these cookies, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may have an effect on your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.
LA SANTABARBARA DEL 2015
29.12.2014
Ormai è ufficiale: a fine Gennaio in Grecia si vota per eleggere il nuovo Parlamento.
Il favorito è Syriza, partito di sinistra radicale guidato da Tzipras, il quale – a differenza di altri partiti euroscettici europei – non propone espressamente l’uscita del Paese dall’euro, ma una ristrutturazione del debito greco con la ridiscussione degli accordi sottoscritti con la Troika per il salvataggio della Grecia. Il che è – per l’eurosistema – ancora peggio, perché mette gli aguzzini europei con le spalle al muro: o accettare un haircut sul debito di proporzioni notevoli, estremamente svantaggioso per loro, o espellere la Grecia dall’Eurozona, scatenando l’effetto-domino sulla scena dei Paesi deboli europei.
Schauble, ministro delle finanze tedesco, tradisce forte nervosismo quando arriva a minacciare il governo greco dicendo che “ci saranno problemi” se, qualunque governo nascerà dalle elezioni, non rispetterà gli accordi presi.
Ma tutti sanno che i problemi saranno soprattutto di Draghi, che vede erodersi le possibilità di realizzare davvero quel QE su cui puntano tutti i mercati da mesi, se il Titolo di Stato greco sarà a rischio default praticamente certo, dato che questo bloccherà il piano di acquisto dei titoli pro-quota del debito greco, come la Bundesbank chiede da tempo.
D’altro canto, il flop sulle aspettative di QE, seguente alla crisi greca, sarebbe un disastro per il mercato finanziario, visto che la bolla sui titoli creatasi negli ultimi mesi, dovuta alla massiccia richiesta di titoli di Stato dei Paesi fortemente indebitati proprio per l’aspettativa della manovra di acquisto da parte della BCE, che ha portato all’innaturale basso rendimento anche dei BTP, scoppierebbe senza dubbio, scatenando rialzi dello spread tali da mettere in ginocchio nuovamente Paesi come Italia, Spagna e Portogallo (oltre alla Grecia).
Tale incognita, già presente da prima a causa del pendente giudizio davanti alla ECJ sulla legittimità delle OMT, raddoppia il rischio di deflagrazione dell’Eurozona, rendendo improvvisamente vicino e nitido, anche per coloro che fino a ieri scrollavano la testa ridacchiando di fronte ai preavvisi di eurobreak-up, uno scenario quasi apocalittico per i mercati europei e non solo.
Alle criticità già dette si aggiungono, con pregnanza non di certo minore, l’avvicinarsi delle elezioni nel 2015 anche in altri Paesi UE agitati da forti correnti euroscettiche: la Spagna, il Portogallo, la Gran Bretagna.
Il passare del tempo non fa che confermare tutte le peggiori previsioni sull’andamento delle economie nell’Eurozona: deflazione, disoccupazione in aumento, consumi in calo, aumento del debito pubblico. Tutto ciò rafforza inevitabilmente i partiti che propongono l’uscita dal sistema della moneta unica, o addirittura dall’Unione europea, che hanno dimostrato il totale fallimento delle politiche economiche imposte dalla Troika ai Paesi membri, utili unicamente per tutelare gli interessi delle multinazionali e dell’export tedesco.
Moltissimi tuttavia, ancora oggi, non si rendono conto di quanto il “botto” sia vicino, ed esorcizzano le paure con battute e scongiuri.
Va tutto bene, purché poi, quando le macerie ci seppelliranno, abbiano la decenza di tacere e ammettere che non avevano mai capito niente.
Non sarà una vittoria per chi aveva avvertito che senza una scelta di uscita ordinata dall’euro ci saremmo presto trovati a che fare con un crollo incontrollato e molto più pericoloso. Ma almeno ci risparmieranno altre litanie demenziali sulla prossima “ripresa” per almeno qualche annetto…
Francesca Donato