Presentata la manovra finanziaria, l’Italia ha davanti a sè la parte più difficile del percorso necessario per concretizzare il rilancio della crescita e dell’occupazione promesso dai partiti saliti al governo il 4 marzo e faticosamente declinato, tenendo conto delle differenti ricette e priorità politiche, nei documenti programmatici ad oggi ufficializzati. Si tratta ora di fronteggiare le levate di scudi già preannunciate dalle Istituzioni europee, ufficialmente per ragioni dovute a squilibri interni alla manovra fra risorse destinate a crescita e infrastrutture (investimenti produttivi) e stanziamenti per misure “assistenziali” o previdenziali, ritenute eccessive nel loro impatto sul deficit di bilancio. In realtà, non è un mistero per nessuno che la bocciatura europea si fondi su ragioni politiche, essenzialmente riconducibili all’inammissibilità di uno sforamento del vincolo sul deficit, cioè del pareggio del bilancio, da parte di un governo dichiaratamente sovranista e populista, cioè schierato contro l’attuale assetto ordoliberista dell’Unione europea e le politiche di austerity dallo stesso implementate sino ad oggi nei Paesi membri.
Si apre dunque la fase delle trattative, che vedranno da un lato la Trojka pretendere correzioni della manovra tese a ridurne la spesa in deficit, imponendo tagli o rimodulazioni che ne vanificherebbero ogni effetto sperato di tipo espansivo, e dall’altro il nostro Governo “resistere” adducendo – invano – giustificazioni politico-economiche per le scelte adottate, che risulteranno ovviamente insufficienti a convincere la Commissione e la BCE ad approvare la nostra legge di bilancio evitando di attivare la procedura di infrazione nei nostri confronti.
Le pressioni sul nostro Esecutivo saranno forti ed implacabili, e metteranno a dura prova la tenuta del sodalizio Salvini-Di Maio, che dovrà fare i conti anche con le proteste già all’orizzonte di alcune ali interne, anche da parte dell’elettorato, che non si ritengono pienamente soddisfatte dalle scelte inserite nella manovra finanziaria in programma, necessariamente ridimensionata rispetto alle aspettative create in campagna elettorale dai due schieramenti, per l’esigenza di trovare soluzioni di compromesso.
Inoltre, l’ormai certo downgrade che arriverà a fine mese da parte delle agenzie di rating, dopo quello già comunicato da Moody’s ieri, sarà un elemento di pressione importante e, nel caso sia accompagnato da un outlook negativo, determinante in senso drammatico per le scelte future. Dove non arriverà la Commissione, arriveranno le turbolenze sui mercati finanziari.
In questo contesto già abbastanza complicato, va ad inserirsi anche l’avvicinarsi delle elezioni europee di maggio 2019. Tutti gli impegni governativi sul fronte della manovra hanno sinora lasciato spazi pressoché nulli per iniziare a pensare ed elaborare una strategia politica preparatoria per il fondamentale appuntamento europeo, e se non riusciranno ad organizzarsi adeguatamente, entrambi i partiti della coalizione gialloverde si troveranno impreparati e molto deboli a ridosso del voto, mostrando il fianco alle opposizioni uscite malandate dalle urne il 4 marzo, che nel frattempo avranno preparato programmi, obiettivi, risorse e accordi. L’importanza del lavoro preparatorio per quello che i “populisti” annunciano come un “terremoto” in Europa, è ad avviso di chi scrive pericolosamente sottovalutata, perché altrimenti non si spiegherebbe il ritardo con cui gli apparati di partito stanno iniziando a lavorare sull’agenda.
Ciò che gli elettori ed i sostenitori di Lega e M5S si aspettano ora è la presentazione di programmi per le politiche in Europa coerenti col percorso politico intrapreso a livello nazionale, con contenuti, quindi, innovativi e coraggiosi. Dopo la ritirata strategica sul tema dell’euro, gli alleati di governo non potranno tuttavia evitare di assumere posizioni chiare e argomentate sull’attuale assetto europeo, le cui criticità non hanno mancato di evidenziare ed indicare come causa di molti problemi a livello interno. Un programma “populista” coerente, dunque, dovrà contenere delle proposte di riforma dei Trattati europei credibili ed in linea con gli obiettivi preannunciati.
Ma anche nel caso di vittoria alle urne, ciò non basterà: il successo nazionale non si rifletterà automaticamente in un cambiamento delle politiche della nuova Commissione. A tal fine, occorrerà una strategia da portare avanti in un Parlamento europeo che sarà molto diverso da quello attuale, con una geografia politica certamente non a favore del nostro Paese, nemmeno – con tutta probabilità – tra quei partiti e movimenti che consideriamo alleati naturali ma che hanno interessi prevalentemente in conflitto con i nostri.
Ed oltre ai contenuti programmatici, sarà molto significativo il criterio che i due partiti adotteranno nella scelta di chi mandare in Europa: formare le liste dei candidati alla carica di parlamentari europei inserendovi soggetti di insufficiente competenza, la cui inadeguatezza potrebbe comportare gravi carenze della nostra politica a livello europeo, nel difendere gli interessi del nostro Paese nei consessi internazionali e su tematiche tecniche di notevole difficoltà, sarebbe un pessimo segnale di continuità rispetto ad una “tradizione” risalente alla prima Repubblica, nonché la dimostrazione di una debolezza imperdonabile.
Su questo terreno il confronto fra le due forze di governo e fra le stesse e le opposizioni giocherà un ruolo determinante nel convincere gli elettori a sostenere le prime anche nell’anno venturo, ed in vista delle battaglie che questo governo si troverà a dover combattere nel prossimo futuro, dare per scontato un supporto elettorale forte senza elementi che lo rinsaldino nei momenti di crisi, o peggio ancora pensando che basti rilanciare qualche slogan che ha funzionato alle politiche, potrebbe essere un errore di valutazione molto pericoloso.
La credibilità di fronte ai Cittadini è un patrimonio che è molto difficile accumulare ma molto facile disperdere. Mi auguro che sia la Lega che il M5S non perdano la capacità di tenere stretto a sè il proprio elettorato, perché il trionfo del 4 marzo verrebbe reso vano se non confermato a maggio 2019.
E al giorno d’oggi, grazie ai social network ed alle varie altre tecnologie mediatiche, il ritorno delle strategie adottate in termini di consenso è immediatamente verificabile.
L’esito di questo scontro potrà cambiare significativamente il destino del nostro Paese e le vite nostre e dei nostri figli: chiediamo tutti ai nostri rappresentanti in Parlamento ed al nostro Esecutivo la massima attenzione, impegno e responsabilità affinché le legittime speranze dei Cittadini italiani trovino finalmente soddisfazione.
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LO SCONTRO DELL’ITALIA CON LA TROJKA ED IL FUTURO DELL’EUROPA
20.10.2018
Presentata la manovra finanziaria, l’Italia ha davanti a sè la parte più difficile del percorso necessario per concretizzare il rilancio della crescita e dell’occupazione promesso dai partiti saliti al governo il 4 marzo e faticosamente declinato, tenendo conto delle differenti ricette e priorità politiche, nei documenti programmatici ad oggi ufficializzati. Si tratta ora di fronteggiare le levate di scudi già preannunciate dalle Istituzioni europee, ufficialmente per ragioni dovute a squilibri interni alla manovra fra risorse destinate a crescita e infrastrutture (investimenti produttivi) e stanziamenti per misure “assistenziali” o previdenziali, ritenute eccessive nel loro impatto sul deficit di bilancio. In realtà, non è un mistero per nessuno che la bocciatura europea si fondi su ragioni politiche, essenzialmente riconducibili all’inammissibilità di uno sforamento del vincolo sul deficit, cioè del pareggio del bilancio, da parte di un governo dichiaratamente sovranista e populista, cioè schierato contro l’attuale assetto ordoliberista dell’Unione europea e le politiche di austerity dallo stesso implementate sino ad oggi nei Paesi membri.
Si apre dunque la fase delle trattative, che vedranno da un lato la Trojka pretendere correzioni della manovra tese a ridurne la spesa in deficit, imponendo tagli o rimodulazioni che ne vanificherebbero ogni effetto sperato di tipo espansivo, e dall’altro il nostro Governo “resistere” adducendo – invano – giustificazioni politico-economiche per le scelte adottate, che risulteranno ovviamente insufficienti a convincere la Commissione e la BCE ad approvare la nostra legge di bilancio evitando di attivare la procedura di infrazione nei nostri confronti.
Le pressioni sul nostro Esecutivo saranno forti ed implacabili, e metteranno a dura prova la tenuta del sodalizio Salvini-Di Maio, che dovrà fare i conti anche con le proteste già all’orizzonte di alcune ali interne, anche da parte dell’elettorato, che non si ritengono pienamente soddisfatte dalle scelte inserite nella manovra finanziaria in programma, necessariamente ridimensionata rispetto alle aspettative create in campagna elettorale dai due schieramenti, per l’esigenza di trovare soluzioni di compromesso.
Inoltre, l’ormai certo downgrade che arriverà a fine mese da parte delle agenzie di rating, dopo quello già comunicato da Moody’s ieri, sarà un elemento di pressione importante e, nel caso sia accompagnato da un outlook negativo, determinante in senso drammatico per le scelte future. Dove non arriverà la Commissione, arriveranno le turbolenze sui mercati finanziari.
In questo contesto già abbastanza complicato, va ad inserirsi anche l’avvicinarsi delle elezioni europee di maggio 2019. Tutti gli impegni governativi sul fronte della manovra hanno sinora lasciato spazi pressoché nulli per iniziare a pensare ed elaborare una strategia politica preparatoria per il fondamentale appuntamento europeo, e se non riusciranno ad organizzarsi adeguatamente, entrambi i partiti della coalizione gialloverde si troveranno impreparati e molto deboli a ridosso del voto, mostrando il fianco alle opposizioni uscite malandate dalle urne il 4 marzo, che nel frattempo avranno preparato programmi, obiettivi, risorse e accordi. L’importanza del lavoro preparatorio per quello che i “populisti” annunciano come un “terremoto” in Europa, è ad avviso di chi scrive pericolosamente sottovalutata, perché altrimenti non si spiegherebbe il ritardo con cui gli apparati di partito stanno iniziando a lavorare sull’agenda.
Ciò che gli elettori ed i sostenitori di Lega e M5S si aspettano ora è la presentazione di programmi per le politiche in Europa coerenti col percorso politico intrapreso a livello nazionale, con contenuti, quindi, innovativi e coraggiosi. Dopo la ritirata strategica sul tema dell’euro, gli alleati di governo non potranno tuttavia evitare di assumere posizioni chiare e argomentate sull’attuale assetto europeo, le cui criticità non hanno mancato di evidenziare ed indicare come causa di molti problemi a livello interno. Un programma “populista” coerente, dunque, dovrà contenere delle proposte di riforma dei Trattati europei credibili ed in linea con gli obiettivi preannunciati.
Ma anche nel caso di vittoria alle urne, ciò non basterà: il successo nazionale non si rifletterà automaticamente in un cambiamento delle politiche della nuova Commissione. A tal fine, occorrerà una strategia da portare avanti in un Parlamento europeo che sarà molto diverso da quello attuale, con una geografia politica certamente non a favore del nostro Paese, nemmeno – con tutta probabilità – tra quei partiti e movimenti che consideriamo alleati naturali ma che hanno interessi prevalentemente in conflitto con i nostri.
Ed oltre ai contenuti programmatici, sarà molto significativo il criterio che i due partiti adotteranno nella scelta di chi mandare in Europa: formare le liste dei candidati alla carica di parlamentari europei inserendovi soggetti di insufficiente competenza, la cui inadeguatezza potrebbe comportare gravi carenze della nostra politica a livello europeo, nel difendere gli interessi del nostro Paese nei consessi internazionali e su tematiche tecniche di notevole difficoltà, sarebbe un pessimo segnale di continuità rispetto ad una “tradizione” risalente alla prima Repubblica, nonché la dimostrazione di una debolezza imperdonabile.
Su questo terreno il confronto fra le due forze di governo e fra le stesse e le opposizioni giocherà un ruolo determinante nel convincere gli elettori a sostenere le prime anche nell’anno venturo, ed in vista delle battaglie che questo governo si troverà a dover combattere nel prossimo futuro, dare per scontato un supporto elettorale forte senza elementi che lo rinsaldino nei momenti di crisi, o peggio ancora pensando che basti rilanciare qualche slogan che ha funzionato alle politiche, potrebbe essere un errore di valutazione molto pericoloso.
La credibilità di fronte ai Cittadini è un patrimonio che è molto difficile accumulare ma molto facile disperdere. Mi auguro che sia la Lega che il M5S non perdano la capacità di tenere stretto a sè il proprio elettorato, perché il trionfo del 4 marzo verrebbe reso vano se non confermato a maggio 2019.
E al giorno d’oggi, grazie ai social network ed alle varie altre tecnologie mediatiche, il ritorno delle strategie adottate in termini di consenso è immediatamente verificabile.
L’esito di questo scontro potrà cambiare significativamente il destino del nostro Paese e le vite nostre e dei nostri figli: chiediamo tutti ai nostri rappresentanti in Parlamento ed al nostro Esecutivo la massima attenzione, impegno e responsabilità affinché le legittime speranze dei Cittadini italiani trovino finalmente soddisfazione.
Francesca Donato