Mes si, Mes no, Mes light, Mes senza condizioni, con condizioni rafforzate…
Di tutto e di più su qualcosa che altro non è che uno strumento di finanziamento. Non c’è giorno in cui non ascoltiamo parole confuse, dette più per scopi demagogici che per far capire e rendere gli italiani compartecipi del proprio destino. In questo mare magnum, proviamo a fare un po’ di chiarezza.
La prima cosa da dire è che attraverso il Mes non vengono trasferite risorse, ma semplicemente erogati prestiti. Nessuno ci regala niente, meno che mai l’Europa, dal momento che il Mes è un organismo intergovernativo con sede in Lussemburgo che non segue regole democratiche. Più avanti vedremo perché. Si tratta di un istituto finanziario di prestito e di investimenti molto particolare in quanto da un lato, come una qualsiasi banca privata, ha scopo di lucro, dall’altro è al tempo stesso in grado di svolgere una funzione pubblica di governo economico vincolante e sanzionante.
Come una grande banca d’affari sovranazionale effettua prestiti nei confronti dei Paesi-clienti, a fronte di ben precise condizioni che vanno dal tasso di interesse prestabilito, fino alla possibilità di un vero e proprio commissariamento della politica economica del Paese debitore ed insolvente. Di conseguenza, accedere al Mes non significa affatto ricevere soldi a fondo perduto, ma avere accesso ad un prestito ad interesse e condizionato, che determina un ulteriore incremento del debito pubblico.
Ma procediamo per gradi. Cosa è il Mes?
Il Meccanismo di Stabilità Economica (in inglese ESM) nasce con una motivazione precisa: evitare il default di Paesi membri dell’eurozona in gravi difficoltà finanziarie (non a caso viene presentato ai cittadini dell’Eurozona come Fondo Salva Stati), un fondo cioè cui ogni Paese può accedere nei momenti di difficoltà. Per l’Italia il trattato del Mes fu firmato da Mario Monti a Bruxelles il 2 febbraio 2012 e il 19 luglio dello stesso anno venne votato alla Camera dei Deputati con 325 sì, 53 no e 36 astenuti. A seguito di tale sottoscrizione, pur essendo in piena crisi economica.
L’Italia negli anni è stata costretta a versare in questo fondo qualcosa come 14 miliardi di euro, con nessuna certezza, ma con la sola speranza di una disponibilità futura di tali somme, nei casi di emergenza.
Tale evenienza, come tutti purtroppo ben sappiamo, è attualmente in corso, a causa del Covid 19 che ha gettato drammaticamente il nostro Paese in una emergenza sanitaria, ben presto divenuta emergenza economica. A differenza di quasi tutti gli Stati dell’eurozona colpiti dalla pandemia – i quali si sono tempestivamente attivati per chiedere alla BCE di immettere liquidità e di comprare illimitatamente i loro titoli di Stato – il Governo italiano, dopo lunghi e pesanti mesi un’attesa che è ancora in corso, ha proposto a noi e all’Europa il Mes come strumento privilegiato per affrontare la grave crisi italiana.
Non tardiamo così a scoprire che tutti quei miliardi, che avevamo messo nel fondo non sono affatto a nostra disposizione “per salvarci”, ma che al massimo ci verranno prestati, quasi come se fosse un premio.
La stampa del mainstream sembra ignorare questa incongruenza e preferisce spostare l’attenzione sul grande risultato che il nostro Governo avrebbe portato a casa: l’assenza di condizionalità.
Ma è davvero così? No. Infatti gli aiuti del MES senza condizionalità sono vietati non solo dallo stesso Statuto del Fondo, ma anche dai trattati UE. Basta leggere il comma 3 dell’art. 136 del trattato sul funzionamento dell’UE: “La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo del Mes sarà soggetta a una rigorosa condizionalità”. Una revoca di tale condizionalità sarebbe possibile dunque soltanto modificando i trattati, cosa che, in base all’art.48 del trattato sull’UE, richiederebbe l’unanimità di tutti i Paesi membri!
Non è un caso, del resto, che l’Eurogruppo, riunitosi l’8 maggio scorso, abbia dichiarato che il cd Mes light – per intenderci quello con leggere condizionalità – si applicherebbe esclusivamente per le spese sanitarie del Covid 19 e per la durata massima di un anno, al termine del quale “saranno seguite le disposizioni del trattato MES». Senza poi considerare che il trattato costitutivo attribuisce al Fondo Salva-Stati la possibilità di modificare unilateralmente le condizioni del prestito in qualsiasi momento, anche successivo all’erogazione.
Nessun contributo a fondo perduto dunque, ma solo ulteriori debiti a fronte di somme prestate a condizioni ben precise.
Prestiti che peraltro non potranno in alcun modo variare l’ammontare delle singole voci di spesa di quel decreto economico che ancora stiamo aspettando, ma che certamente dovrà attenersi ai margini del deficit che ci verrà concesso. Di conseguenza, dovrebbe essere ben chiaro che se vogliamo più soldi disponibili, dovremo fare più debiti, ricorrendo al MES.
L’accesso al Mes porta con sé non pochi dannosi effetti collaterali. Chiedere tale sostegno finanziario equivale infatti a segnalare al mercato che non si è più in grado di finanziarsi autonomamente – cosa che per l’Italia non è – al punto da essere costretti a ricorrere a un creditore privilegiato, analogo al FMI. Ciò inevitabilmente metterebbe in allarme i mercati e tutti gli altri creditori che richiederebbero un tasso di interesse molto più alto per coprire il rischio di non essere ripagati. Se poi questi tassi di interesse crescessero a dismisura, il Paese potrebbe arrivare a perdere del tutto l’accesso ai mercati e dunque la possibilità di finanziarsi autonomamente e il Mes diventerebbe così l’unica via per avere accesso a dei finanziamenti.
Ma la domanda delle domande è:
cosa accadrebbe se, alla scadenza prevista, non dovessimo essere in grado di restituire le somme prestateci alle condizioni che ci sono state imposte?
Non si tratta certo di un’evenienza remota, se lo stesso Presidente del Mes, Klaus Regling, si è già premurato di affermare che nel nostro caso sarà applicata la “condizionalità rafforzata” (ECCL, Enhanced Conditions Credit Line) e se lo stesso Eurogruppo che in più ha previsto l’applicazione dell’Early Warning System (EWS,) ossia un sistema di allarme preventivo, atto a scongiurare in anticipo ogni evenienza di mancato rimborso.
Cosa accadrebbe dunque se, come sembra probabile, non restituiamo i soldi? Anche questo è previsto: la nostra politica economica verrebbe commissariata ed affidata ad esperti mandati dall’Europa che ci detterebbero le riforme lacrime e sangue che già conosciamo bene, come il fiscal compact e il jobs act, la riforma del sistema pensionistico e del sistema sanitario. In caso di insolvenza, andremmo incontro cioè ad un vero e proprio trasferimento di sovranità da parte del nostro Stato alla famosa Troika, la quale peraltro si riserva la possibilità di interrompere in qualsiasi momento il sostegno finanziario.
L’intera politica economica finirebbe dunque nelle mani di organismi sovranazionali come la CE e la BCE, che unitamente al MES effettuerebbero il monitoraggio sui nostri conti, attraverso un sistema antidemocratico, in quanto svolge le sue funzioni in assoluta autonomia e al di fuori di ogni mandato elettorale. L’organizzazione del Mes è inoltre immune da ogni controllo e responsabilità penale. I diciassette governatori e tutti coloro che ne fanno parte sono assolutamente impunibili per le azioni compiute nello svolgimento del loro incarico; godono dell’esenzione fiscale e i loro documenti non possono essere nemmeno visionati: privilegi incompatibili con degli Stati costituzionali.
In altre parole il Mes è un abominio dello Stato di diritto che, anche qualora malauguratamente dovessimo farvi ricorso, non sarebbe affatto sufficiente per far fronte alla grave emergenza economica che ci troviamo davanti. L’orientamento dell’aiuto è infatti quello di consentire allo Stato che ne fa richiesta prestiti pari al 2% del suo Pil, cosa che per l’Italia equivarrebbe a circa 36 miliardi di euro. In alte parole, daremmo tutto per non ricevere nulla.
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MES: se lo conosci lo eviti
Mes si, Mes no, Mes light, Mes senza condizioni, con condizioni rafforzate…
Di tutto e di più su qualcosa che altro non è che uno strumento di finanziamento. Non c’è giorno in cui non ascoltiamo parole confuse, dette più per scopi demagogici che per far capire e rendere gli italiani compartecipi del proprio destino. In questo mare magnum, proviamo a fare un po’ di chiarezza.
La prima cosa da dire è che attraverso il Mes non vengono trasferite risorse, ma semplicemente erogati prestiti. Nessuno ci regala niente, meno che mai l’Europa, dal momento che il Mes è un organismo intergovernativo con sede in Lussemburgo che non segue regole democratiche. Più avanti vedremo perché. Si tratta di un istituto finanziario di prestito e di investimenti molto particolare in quanto da un lato, come una qualsiasi banca privata, ha scopo di lucro, dall’altro è al tempo stesso in grado di svolgere una funzione pubblica di governo economico vincolante e sanzionante.
Come una grande banca d’affari sovranazionale effettua prestiti nei confronti dei Paesi-clienti, a fronte di ben precise condizioni che vanno dal tasso di interesse prestabilito, fino alla possibilità di un vero e proprio commissariamento della politica economica del Paese debitore ed insolvente. Di conseguenza, accedere al Mes non significa affatto ricevere soldi a fondo perduto, ma avere accesso ad un prestito ad interesse e condizionato, che determina un ulteriore incremento del debito pubblico.
Ma procediamo per gradi. Cosa è il Mes?
Il Meccanismo di Stabilità Economica (in inglese ESM) nasce con una motivazione precisa: evitare il default di Paesi membri dell’eurozona in gravi difficoltà finanziarie (non a caso viene presentato ai cittadini dell’Eurozona come Fondo Salva Stati), un fondo cioè cui ogni Paese può accedere nei momenti di difficoltà. Per l’Italia il trattato del Mes fu firmato da Mario Monti a Bruxelles il 2 febbraio 2012 e il 19 luglio dello stesso anno venne votato alla Camera dei Deputati con 325 sì, 53 no e 36 astenuti. A seguito di tale sottoscrizione, pur essendo in piena crisi economica.
L’Italia negli anni è stata costretta a versare in questo fondo qualcosa come 14 miliardi di euro, con nessuna certezza, ma con la sola speranza di una disponibilità futura di tali somme, nei casi di emergenza.
Tale evenienza, come tutti purtroppo ben sappiamo, è attualmente in corso, a causa del Covid 19 che ha gettato drammaticamente il nostro Paese in una emergenza sanitaria, ben presto divenuta emergenza economica. A differenza di quasi tutti gli Stati dell’eurozona colpiti dalla pandemia – i quali si sono tempestivamente attivati per chiedere alla BCE di immettere liquidità e di comprare illimitatamente i loro titoli di Stato – il Governo italiano, dopo lunghi e pesanti mesi un’attesa che è ancora in corso, ha proposto a noi e all’Europa il Mes come strumento privilegiato per affrontare la grave crisi italiana.
Non tardiamo così a scoprire che tutti quei miliardi, che avevamo messo nel fondo non sono affatto a nostra disposizione “per salvarci”, ma che al massimo ci verranno prestati, quasi come se fosse un premio.
La stampa del mainstream sembra ignorare questa incongruenza e preferisce spostare l’attenzione sul grande risultato che il nostro Governo avrebbe portato a casa: l’assenza di condizionalità.
Ma è davvero così? No. Infatti gli aiuti del MES senza condizionalità sono vietati non solo dallo stesso Statuto del Fondo, ma anche dai trattati UE. Basta leggere il comma 3 dell’art. 136 del trattato sul funzionamento dell’UE: “La concessione di qualsiasi assistenza finanziaria necessaria nell’ambito del meccanismo del Mes sarà soggetta a una rigorosa condizionalità”. Una revoca di tale condizionalità sarebbe possibile dunque soltanto modificando i trattati, cosa che, in base all’art.48 del trattato sull’UE, richiederebbe l’unanimità di tutti i Paesi membri!
Non è un caso, del resto, che l’Eurogruppo, riunitosi l’8 maggio scorso, abbia dichiarato che il cd Mes light – per intenderci quello con leggere condizionalità – si applicherebbe esclusivamente per le spese sanitarie del Covid 19 e per la durata massima di un anno, al termine del quale “saranno seguite le disposizioni del trattato MES». Senza poi considerare che il trattato costitutivo attribuisce al Fondo Salva-Stati la possibilità di modificare unilateralmente le condizioni del prestito in qualsiasi momento, anche successivo all’erogazione.
Nessun contributo a fondo perduto dunque, ma solo ulteriori debiti a fronte di somme prestate a condizioni ben precise.
Prestiti che peraltro non potranno in alcun modo variare l’ammontare delle singole voci di spesa di quel decreto economico che ancora stiamo aspettando, ma che certamente dovrà attenersi ai margini del deficit che ci verrà concesso. Di conseguenza, dovrebbe essere ben chiaro che se vogliamo più soldi disponibili, dovremo fare più debiti, ricorrendo al MES.
L’accesso al Mes porta con sé non pochi dannosi effetti collaterali. Chiedere tale sostegno finanziario equivale infatti a segnalare al mercato che non si è più in grado di finanziarsi autonomamente – cosa che per l’Italia non è – al punto da essere costretti a ricorrere a un creditore privilegiato, analogo al FMI. Ciò inevitabilmente metterebbe in allarme i mercati e tutti gli altri creditori che richiederebbero un tasso di interesse molto più alto per coprire il rischio di non essere ripagati. Se poi questi tassi di interesse crescessero a dismisura, il Paese potrebbe arrivare a perdere del tutto l’accesso ai mercati e dunque la possibilità di finanziarsi autonomamente e il Mes diventerebbe così l’unica via per avere accesso a dei finanziamenti.
Ma la domanda delle domande è:
cosa accadrebbe se, alla scadenza prevista, non dovessimo essere in grado di restituire le somme prestateci alle condizioni che ci sono state imposte?
Non si tratta certo di un’evenienza remota, se lo stesso Presidente del Mes, Klaus Regling, si è già premurato di affermare che nel nostro caso sarà applicata la “condizionalità rafforzata” (ECCL, Enhanced Conditions Credit Line) e se lo stesso Eurogruppo che in più ha previsto l’applicazione dell’Early Warning System (EWS,) ossia un sistema di allarme preventivo, atto a scongiurare in anticipo ogni evenienza di mancato rimborso.
Cosa accadrebbe dunque se, come sembra probabile, non restituiamo i soldi? Anche questo è previsto: la nostra politica economica verrebbe commissariata ed affidata ad esperti mandati dall’Europa che ci detterebbero le riforme lacrime e sangue che già conosciamo bene, come il fiscal compact e il jobs act, la riforma del sistema pensionistico e del sistema sanitario. In caso di insolvenza, andremmo incontro cioè ad un vero e proprio trasferimento di sovranità da parte del nostro Stato alla famosa Troika, la quale peraltro si riserva la possibilità di interrompere in qualsiasi momento il sostegno finanziario.
L’intera politica economica finirebbe dunque nelle mani di organismi sovranazionali come la CE e la BCE, che unitamente al MES effettuerebbero il monitoraggio sui nostri conti, attraverso un sistema antidemocratico, in quanto svolge le sue funzioni in assoluta autonomia e al di fuori di ogni mandato elettorale. L’organizzazione del Mes è inoltre immune da ogni controllo e responsabilità penale. I diciassette governatori e tutti coloro che ne fanno parte sono assolutamente impunibili per le azioni compiute nello svolgimento del loro incarico; godono dell’esenzione fiscale e i loro documenti non possono essere nemmeno visionati: privilegi incompatibili con degli Stati costituzionali.
In altre parole il Mes è un abominio dello Stato di diritto che, anche qualora malauguratamente dovessimo farvi ricorso, non sarebbe affatto sufficiente per far fronte alla grave emergenza economica che ci troviamo davanti. L’orientamento dell’aiuto è infatti quello di consentire allo Stato che ne fa richiesta prestiti pari al 2% del suo Pil, cosa che per l’Italia equivarrebbe a circa 36 miliardi di euro. In alte parole, daremmo tutto per non ricevere nulla.
(leggi anche AllaMES)