Per Recovery Fund si intende il pacchetto di Next generation EU (NGEU), ossia un pacchetto di programmi europei per aiutare la ripresa con risorse stanziate pari a 750 miliardi (in prezzi 2018), di cui 360 miliardi di prestiti e 390 di sovvenzioni. I 750 miliardi saranno reperiti sul mercato tramite emissioni di titoli garantiti dal bilancio europeo (ossia mediante debito contratto dalla Commissione). I più importanti programmi dei NGUE sono strumenti destinati agli Stati membri (RRF, ReactUE, JTF, Sviluppo rurale). Il più importante strumento di NGEU è il Dispositivo per la ripresa e la resilienza (o RRF, Recovery and Resilience Facility) con dotazione finanziaria di 672 500 000 000 EUR (a prezzi 2018), finanziata, appunto, dalle operazioni di prestito dell’Unione. Di questi, l’importo totale delle sovvenzioni disponibili ammonterà a 312,5 miliardi di EUR, mentre 360 milioni di EUR saranno disponibili sotto forma di prestiti. Ricordiamo che NGEU si aggiunge al bilancio a lungo termine dell’Unione europea, ossia il QFP (Quadro finanziario pluriennale o MFF, Multiannual Financial Framework), che, per gli anni 2021-2027, prevede una dotazioni pari a 1.074,3 miliardi.
Le criticità del Recovery Fund si possono riscontrare sotto diversi punti di vista, ovvero: l’ammontare delle risorse, le modalità di reperimento delle nuove risorse, le tempistiche, le condizionalità previste e la governance. Di seguito una breve disanima.
Ammontare delle risorse: per l’Italia sarebbero 209 miliardi totali, ma saremo veramente beneficiari?
Per la prima volta da 20 anni attraverso questo strumento forse l’Italia non è in perdita nei confronti dei movimenti dare/avere con Bruxelles.
Ricordiamo infatti che solamente negli ultimi 10 anni Roma ha totalizzato una differenza negativa di oltre 50 miliardi di euro tra quanto ha versato nel bilancio dell’Unione e quanto ricevuto indietro. Stessa cosa è avvenuta dal 2000 al 2009, periodo in cui si è innalzato il gap negativo tra quanto conferito dall’Italia e quanto ricevuto dall’Unione per effetto, da un lato, dell’allargamento dell’Unione ai nuovi paesi, che ha determinato un innalzamento della contribuzione del nostro paese al bilancio comunitario, dall’altro, per la riduzione delle risorse trasferite al nostro paese. Insomma il nostro paese è sempre stato un contributore netto e non beneficiario. Anche quando si parla di fonti di finanziamento ordinarie del bilancio comune (i famosi fondi europei), in realtà non son altro che una parte dei soldi versati, che tornano indietro e che possiamo spendere secondo delle condizioni ben precise, decise da spesso discutibili regole dell’UE.
In realtà, le allocazioni vere per l’Italia, esclusi i prestiti, scendono a circa 70 miliardi di euro (perché il resto dei famosi 209 miliardi sarebbero prestiti da rimborsare). Dell’RRF ci spetterebbero circa 65 miliardi.
Per coprire i relativi impegni dei prestiti, gli importi dei massimali delle risorse proprie saranno temporaneamente innalzati di 0,6 punti percentuali (ovvero, all’Unione spetteranno maggiori importi rispetto a quanto oggi versato nelle sue casse dalle risorse proprie, anche se non dovrebbero aumentare le passività finali). Tali risorse supplementari richieste per i finanziamenti a titolo di NGUE saranno ripartite in maniere proporzionale e non potranno superare lo 0,6% dell’RNL nazionale. Prima di chiedere tale aumento, la Commissione dovrà comunque ricorrere ad una gestione attiva della liquidità e, ove necessario, a finanziamenti a breve termine sul mercato dei capitali.
1. Ammontare delle risorse: per l’Italia sarebbero 209 miliardi totali, ma saremo veramente beneficiari?
Per finanziare il pacchetto Recovery, inoltre, sono state sottratte risorse previste per altri programmi europei, quali la Politica Agricola Comune, Horizon e InvestEu. In pratica sono strati sottratti soldi per agricoltori ed imprese.
I conti effettivi e le dichiarazioni oltre agli annunci si potranno fare solo una volta che saranno passati i primi anni e si potrà calcolare il reale assorbimento e la quota di nuove e vecchie risorse da versare all’UE. Anche perché c’è da considerare anche il contributo aggiuntivo che l’Italia dovrà pagare per finanziare lo sconto (rebate) che i paesi frugali hanno preteso sul loro contributo, sconto che negli studi del think tank europeista Bruegel costa all’Italia 1.5 miliardi.
Le modalità di reperimento delle nuove risorse: tassi di interesse e nuova imposizione fiscale europea
Come accennato, i 750 miliardi saranno reperiti sul mercato tramite emissioni di titoli garantiti dal bilancio europeo, mentre il nuovo quadro pluriennale sarà incrementato mediante l’introduzione di nuove risorse proprie (che, a decorrere dal 2021 saranno utilizzate anche per rimborsare i prestiti).
a) Problematiche dei prestiti
Quindi, per quanto riguarda i prestiti, la Commissione farà debito per concedere dei prestiti agli Stati membri che, a loro, volta dovranno restituire il prestito alla Commissione (i rimborsi avranno luogo tra il 2027 e il 2058) e, cosa più importante, resta da specificare a quale tasso di interesse i fondi saranno raccolti sui mercati finanziari.
A chi sostiene che i soldi presi in prestito tramite il Recovery Fund avranno un costo minore del BTP, si può obiettare che, in questo modo, oltre al valore inestimabile della libertà d’azione sovrana politica, che con il Recovery viene meno, c’è da considerare che gli acquisti di titoli pubblici della BCE tramite i suoi principali programmi sono esercitati dalle Banche Centrali Nazionali.
Bankitalia sta comprando decine di miliardi di BTP italiani. Per statuto la Banca d’Italia ogni anno distribuisce i dividendi tra i soci e la maggior parte allo Stato Italiano, quindi una sempre più grossa fetta degli interessi che paghiamo sul debito pubblico rientra alle casse dell’erario. (link)
b) Problematiche delle nuove risorse proprie1
Per quanto riguarda le risorse proprie, verranno introdotte nuove imposte europee da raccogliere negli Stati e trasferire direttamente all’UE, a partire da una tassa sulla plastica, che andrà ad aggiungersi all’imposta nazionale già presente per il settore.
Il programma di inserimento delle nuove risorse proprie prevede:
Tassa sulla plastica: una nuova risorsa propria basata su rifiuti di plastica non riciclati sarà introdotta e applicata dal 1° gennaio 2021
Carbon Border adjustment mechanism e Digital tax: nel primo semestre del 2021 la Commissione presenterà proposte adeguamento del carbonio alla frontiera e a un prelievo sul digitale, in vista della loro introduzione al più tardi entro il 1 ° gennaio 2023
1. ETS (Emissions Trading System): con la stessa tempistica, la Commissione presenterà una proposta su un sistema di scambio di quote di emissioni riveduto, eventualmente estendendolo al trasporto aereo e marittimo
3. Transazioni finanziarie: nel corso del prossimo QFP, si lavorerà all’introduzione di altre risorse proprie, che possono comprendere un’imposta sulle transazioni finanziarie
Le tempistiche: tutto questo ammontare di risorse non è disponibile fin da subito
Questi soldi secondo le stime della Commissione, arriveranno scaglionati nel tempo: meno del 7% nel 2021, 10 % 2022 e quasi un quarto post 20272. Dopo una caduta del PIL di circa 10 punti percentuali lo stimolo sarà probabilmente insufficiente, tanto che un commentatore sicuramente poco euroscettico come Fubini di recente ha sollevato dei dubbi. link
Il termine dei prestiti sarà anticipato a fine 2026, quindi i fondi raccolti saranno utilizzati solo per affrontare le conseguenze della crisi.
Le condizionalità previste: si rischia di avere più condizionamenti che in passato
Il tema più importante e più politico comunque riguarda le condizionalità legate ai prestiti che chiederemo e ai trasferimenti che riceveremo dal Recovery Fund.
a) Semestre europeo
Infatti ci saranno degli obblighi da rispettare contenuti principalmente nel piano di riforme stilate dai tecnici della Commissione europea e approvate dal Consiglio nell’ambito del “Semestre europeo” e delle raccomandazioni specifiche per paese. Tra le riforme più caldeggiate nelle raccomandazioni specifiche per Paese del Semestre europeo degli ultimi anni e nelle linee guida tecniche per gli Stati sul recovery fund troviamo quella delle pensioni (Quota 100 e volontà’ ripristino Fornero) oltre a possibili riforme del lavoro e riforma del catasto con possibile aumento della tassazione sulla casa (bene primario delle famiglie italiane).
b) Obiettivi climatici
Una percentuale, per ora del 30%, deve essere destinata esclusivamente a progetti legati al green e le spese finanziate devono conseguire gli obiettivi di neutralità climatica da raggiungere entro il 2050.
c) Aiuti di stato
La piena flessibilità nell’applicazione della disciplina sugli aiuti di Stato, per il momento, è prevista solo fino alla fine del 2020. La Commissione ha aperto una consultazione tra gli Stati membri sul prolungamento della flessibilità, ma al momento non è ancora stato deciso nulla. Se questa non verrà estesa, tutti gli investimenti finanziati dall’RRF dovranno rispettare la normativa degli aiuti di Stato, come previsto nelle linee guida del Recovery and Resilience Facility, recentemente emesse dalla Commissione Europea. Non è ancora chiaro se questo esporrebbe ad ulteriori ritardi nell’erogazione dei fondi, perché potrebbe essere necessaria una doppia notifica alla Commissione: la prima necessaria per l’approvazione del Piano; la seconda per ottenere l’autorizzazione a concedere un aiuto di Stato per investimenti inseriti nello stesso.
d) Golden rule e obiettivi programmatici (Patto di stabilità)
Come scritto nella lettera della Commissione inviata al nostro governo: “La clausola di salvaguardia generale (general escape clause), che è stata attivata di concerto tra la Commissione e il Consiglio a marzo e che non sospende le procedure del Patto, rimarrà attiva nel 2021 come indicato nella Strategia annuale di crescita sostenibile 2021. Quando le condizioni economiche lo consentiranno, sarà il momento di perseguire politiche fiscali volte al raggiungimento di prudenti posizioni di bilancio a medio termine.3” Potrebbe essere quindi disattivata nel 2022, quando non è detto che saremmo ritornati esattamente ai livelli pre-crisi (anzi le stime indicano che l’Italia tornerà a recuperare il livello di PIL precedente la crisi finanziaria nel 2024 e quello precedente alla crisi pandemica proprio nel 2022). A quel punto, gli obiettivi di medio termine saranno rivisti in virtù dei 105 miliardi di scostamento dal deficit autorizzato quest’anno proprio dalla stessa Commissione? A cui si dovranno aggiungere la restituzione del prestito dal Recovery?
e) Modalità di impiego interno delle risorse
Le risorse del Recovery fund non possono essere impegnate per una riduzione del carico fiscale. Nel settore fiscale, sarebbe ipotizzabile una riforma del fisco e dell’attività di riscossione, ma non per la riduzione delle tasse.
La governance: la farraginosa doppia valutazione Commissione/Consiglio
Gli Stati membri dovranno predisporre dei Piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR – Recovery and Resilience Plan) per definire il programma nazionale di riforme e investimenti per gli anni 2021-23. I Piani saranno riesaminati e adattati, ove necessario, nel 2022, per tenere conto della ripartizione definitiva dei
fondi per il 2023. Il termine per la presentazione formale dei PNRR è comunque fissato al 30 aprile 2021. La Commissione europea ha già incoraggiato tuttavia gli Stati membri a presentare i loro progetti preliminari di Piani a partire dal 15 ottobre 2020 e a interagire con la task force per la ripresa a discutere tali progetti.
Tali Piani, oltre ad essere sottoposti alla valutazione della Commissione devono essere anche approvati dal Consiglio a maggioranza qualificata, entro 4 settimane.
A ciò, si aggiunge il meccanismo del freno di emergenza, che dà diritto, ad un singolo Paese, di deferire la questione al Consiglio europeo e nessuna decisione della Commissione relativa al soddisfacente raggiungimento delle pietre miliari e degli obiettivi e all’approvazione dei pagamenti sarà presa fino a quando il successivo Consiglio europeo non avrà discusso esaurientemente la questione.
Anche la Corte dei Conti europea ha notato la complessità delle procedure per la valutazione dei PNRR che potrebbe ritardare un’attuazione tempestiva. Allo stesso modo, questa ha fatto notare che il monitoraggio dell’RRF potrebbe essere inficiato dagli obiettivi troppo ampi che in parte si sovrappongono ad altri strumenti di finanziamento.
Considerazione conclusive
In questa procedura di indirizzo delle politiche dei Paesi UE ora ci sarà grazie al Recovery Fund un vincolo esterno, simile alla Troika per modalità ricattatorie (ti concedo di spendere i tuoi soldi e forse una mancia se fai quello che ti dico io).
Il Governo Giallorosso ha quindi vincolato ulteriormente il nostro Paese alle decisioni prese in sede UE e ora cercano di vendere questo ennesimo tradimento della patria come un grande successo e come se l’UE ci regalerà un sacco di soldi.
Forse il fine mascherato era proprio questo, ovvero fregarsene dell’interesse nazionale e della volontà degli elettori, cercando d’impegnare il più possibile l’Italia ai vincoli esterni e limitare l’azione economica e di riforma futura di un Governo di CDX a trazione LEGA e vicino ai reali bisogni degli italiani.
Al posto di spingere in modo masochistico per il Recovery e questa istituzionalizzazione della Troika, che ci legherà mani e piedi a Bruxelles, avremmo dovuto sfruttare a pieno l’occasione di scudo offerto dal programma d’acquisto di titoli pubblici della BCE (PSPP + PEPP) e il conseguente effetto sui tassi del BTP (al minimo storico) per raccogliere i soldi necessari agli investimenti e al sostegno dell’economia, senza condizionalità politiche.
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Nota critica sul Recovery Fund
Cosa è il Recovery fund in breve
Per Recovery Fund si intende il pacchetto di Next generation EU (NGEU), ossia un pacchetto di programmi europei per aiutare la ripresa con risorse stanziate pari a 750 miliardi (in prezzi 2018), di cui 360 miliardi di prestiti e 390 di sovvenzioni. I 750 miliardi saranno reperiti sul mercato tramite emissioni di titoli garantiti dal bilancio europeo (ossia mediante debito contratto dalla Commissione). I più importanti programmi dei NGUE sono strumenti destinati agli Stati membri (RRF, ReactUE, JTF, Sviluppo rurale). Il più importante strumento di NGEU è il Dispositivo per la ripresa e la resilienza (o RRF, Recovery and Resilience Facility) con dotazione finanziaria di 672 500 000 000 EUR (a prezzi 2018), finanziata, appunto, dalle operazioni di prestito dell’Unione. Di questi, l’importo totale delle sovvenzioni disponibili ammonterà a 312,5 miliardi di EUR, mentre 360 milioni di EUR saranno disponibili sotto forma di prestiti. Ricordiamo che NGEU si aggiunge al bilancio a lungo termine dell’Unione europea, ossia il QFP (Quadro finanziario pluriennale o MFF, Multiannual Financial Framework), che, per gli anni 2021-2027, prevede una dotazioni pari a 1.074,3 miliardi.
Le criticità del Recovery Fund si possono riscontrare sotto diversi punti di vista, ovvero: l’ammontare delle risorse, le modalità di reperimento delle nuove risorse, le tempistiche, le condizionalità previste e la governance. Di seguito una breve disanima.
Ammontare delle risorse: per l’Italia sarebbero 209 miliardi totali, ma saremo veramente beneficiari?
Per la prima volta da 20 anni attraverso questo strumento forse l’Italia non è in perdita nei confronti dei movimenti dare/avere con Bruxelles.
Ricordiamo infatti che solamente negli ultimi 10 anni Roma ha totalizzato una differenza negativa di oltre 50 miliardi di euro tra quanto ha versato nel bilancio dell’Unione e quanto ricevuto indietro. Stessa cosa è avvenuta dal 2000 al 2009, periodo in cui si è innalzato il gap negativo tra quanto conferito dall’Italia e quanto ricevuto dall’Unione per effetto, da un lato, dell’allargamento dell’Unione ai nuovi paesi, che ha determinato un innalzamento della contribuzione del nostro paese al bilancio comunitario, dall’altro, per la riduzione delle risorse trasferite al nostro paese. Insomma il nostro paese è sempre stato un contributore netto e non beneficiario. Anche quando si parla di fonti di finanziamento ordinarie del bilancio comune (i famosi fondi europei), in realtà non son altro che una parte dei soldi versati, che tornano indietro e che possiamo spendere secondo delle condizioni ben precise, decise da spesso discutibili regole dell’UE.
In realtà, le allocazioni vere per l’Italia, esclusi i prestiti, scendono a circa 70 miliardi di euro (perché il resto dei famosi 209 miliardi sarebbero prestiti da rimborsare). Dell’RRF ci spetterebbero circa 65 miliardi.
Per coprire i relativi impegni dei prestiti, gli importi dei massimali delle risorse proprie saranno temporaneamente innalzati di 0,6 punti percentuali (ovvero, all’Unione spetteranno maggiori importi rispetto a quanto oggi versato nelle sue casse dalle risorse proprie, anche se non dovrebbero aumentare le passività finali). Tali risorse supplementari richieste per i finanziamenti a titolo di NGUE saranno ripartite in maniere proporzionale e non potranno superare lo 0,6% dell’RNL nazionale. Prima di chiedere tale aumento, la Commissione dovrà comunque ricorrere ad una gestione attiva della liquidità e, ove necessario, a finanziamenti a breve termine sul mercato dei capitali.
1. Ammontare delle risorse: per l’Italia sarebbero 209 miliardi totali, ma saremo veramente beneficiari?
Per finanziare il pacchetto Recovery, inoltre, sono state sottratte risorse previste per altri programmi europei, quali la Politica Agricola Comune, Horizon e InvestEu. In pratica sono strati sottratti soldi per agricoltori ed imprese.
I conti effettivi e le dichiarazioni oltre agli annunci si potranno fare solo una volta che saranno passati i primi anni e si potrà calcolare il reale assorbimento e la quota di nuove e vecchie risorse da versare all’UE. Anche perché c’è da considerare anche il contributo aggiuntivo che l’Italia dovrà pagare per finanziare lo sconto (rebate) che i paesi frugali hanno preteso sul loro contributo, sconto che negli studi del think tank europeista Bruegel costa all’Italia 1.5 miliardi.
Le modalità di reperimento delle nuove risorse: tassi di interesse e nuova imposizione fiscale europea
Come accennato, i 750 miliardi saranno reperiti sul mercato tramite emissioni di titoli garantiti dal bilancio europeo, mentre il nuovo quadro pluriennale sarà incrementato mediante l’introduzione di nuove risorse proprie (che, a decorrere dal 2021 saranno utilizzate anche per rimborsare i prestiti).
a) Problematiche dei prestiti
Quindi, per quanto riguarda i prestiti, la Commissione farà debito per concedere dei prestiti agli Stati membri che, a loro, volta dovranno restituire il prestito alla Commissione (i rimborsi avranno luogo tra il 2027 e il 2058) e, cosa più importante, resta da specificare a quale tasso di interesse i fondi saranno raccolti sui mercati finanziari.
A chi sostiene che i soldi presi in prestito tramite il Recovery Fund avranno un costo minore del BTP, si può obiettare che, in questo modo, oltre al valore inestimabile della libertà d’azione sovrana politica, che con il Recovery viene meno, c’è da considerare che gli acquisti di titoli pubblici della BCE tramite i suoi principali programmi sono esercitati dalle Banche Centrali Nazionali.
Bankitalia sta comprando decine di miliardi di BTP italiani. Per statuto la Banca d’Italia ogni anno distribuisce i dividendi tra i soci e la maggior parte allo Stato Italiano, quindi una sempre più grossa fetta degli interessi che paghiamo sul debito pubblico rientra alle casse dell’erario. (link)
b) Problematiche delle nuove risorse proprie1
Per quanto riguarda le risorse proprie, verranno introdotte nuove imposte europee da raccogliere negli Stati e trasferire direttamente all’UE, a partire da una tassa sulla plastica, che andrà ad aggiungersi all’imposta nazionale già presente per il settore.
Il programma di inserimento delle nuove risorse proprie prevede:
1. ETS (Emissions Trading System): con la stessa tempistica, la Commissione presenterà una proposta su un sistema di scambio di quote di emissioni riveduto, eventualmente estendendolo al trasporto aereo e marittimo
3. Transazioni finanziarie: nel corso del prossimo QFP, si lavorerà all’introduzione di altre risorse proprie, che possono comprendere un’imposta sulle transazioni finanziarie
Le tempistiche: tutto questo ammontare di risorse non è disponibile fin da subito
Questi soldi secondo le stime della Commissione, arriveranno scaglionati nel tempo: meno del 7% nel 2021, 10 % 2022 e quasi un quarto post 20272. Dopo una caduta del PIL di circa 10 punti percentuali lo stimolo sarà probabilmente insufficiente, tanto che un commentatore sicuramente poco euroscettico come Fubini di recente ha sollevato dei dubbi. link
Il termine dei prestiti sarà anticipato a fine 2026, quindi i fondi raccolti saranno utilizzati solo per affrontare le conseguenze della crisi.
Le condizionalità previste: si rischia di avere più condizionamenti che in passato
Il tema più importante e più politico comunque riguarda le condizionalità legate ai prestiti che chiederemo e ai trasferimenti che riceveremo dal Recovery Fund.
a) Semestre europeo
Infatti ci saranno degli obblighi da rispettare contenuti principalmente nel piano di riforme stilate dai tecnici della Commissione europea e approvate dal Consiglio nell’ambito del “Semestre europeo” e delle raccomandazioni specifiche per paese. Tra le riforme più caldeggiate nelle raccomandazioni specifiche per Paese del Semestre europeo degli ultimi anni e nelle linee guida tecniche per gli Stati sul recovery fund troviamo quella delle pensioni (Quota 100 e volontà’ ripristino Fornero) oltre a possibili riforme del lavoro e riforma del catasto con possibile aumento della tassazione sulla casa (bene primario delle famiglie italiane).
b) Obiettivi climatici
Una percentuale, per ora del 30%, deve essere destinata esclusivamente a progetti legati al green e le spese finanziate devono conseguire gli obiettivi di neutralità climatica da raggiungere entro il 2050.
c) Aiuti di stato
La piena flessibilità nell’applicazione della disciplina sugli aiuti di Stato, per il momento, è prevista solo fino alla fine del 2020. La Commissione ha aperto una consultazione tra gli Stati membri sul prolungamento della flessibilità, ma al momento non è ancora stato deciso nulla. Se questa non verrà estesa, tutti gli investimenti finanziati dall’RRF dovranno rispettare la normativa degli aiuti di Stato, come previsto nelle linee guida del Recovery and Resilience Facility, recentemente emesse dalla Commissione Europea. Non è ancora chiaro se questo esporrebbe ad ulteriori ritardi nell’erogazione dei fondi, perché potrebbe essere necessaria una doppia notifica alla Commissione: la prima necessaria per l’approvazione del Piano; la seconda per ottenere l’autorizzazione a concedere un aiuto di Stato per investimenti inseriti nello stesso.
d) Golden rule e obiettivi programmatici (Patto di stabilità)
Come scritto nella lettera della Commissione inviata al nostro governo: “La clausola di salvaguardia generale (general escape clause), che è stata attivata di concerto tra la Commissione e il Consiglio a marzo e che non sospende le procedure del Patto, rimarrà attiva nel 2021 come indicato nella Strategia annuale di crescita sostenibile 2021. Quando le condizioni economiche lo consentiranno, sarà il momento di perseguire politiche fiscali volte al raggiungimento di prudenti posizioni di bilancio a medio termine.3” Potrebbe essere quindi disattivata nel 2022, quando non è detto che saremmo ritornati esattamente ai livelli pre-crisi (anzi le stime indicano che l’Italia tornerà a recuperare il livello di PIL precedente la crisi finanziaria nel 2024 e quello precedente alla crisi pandemica proprio nel 2022). A quel punto, gli obiettivi di medio termine saranno rivisti in virtù dei 105 miliardi di scostamento dal deficit autorizzato quest’anno proprio dalla stessa Commissione? A cui si dovranno aggiungere la restituzione del prestito dal Recovery?
e) Modalità di impiego interno delle risorse
Le risorse del Recovery fund non possono essere impegnate per una riduzione del carico fiscale. Nel settore fiscale, sarebbe ipotizzabile una riforma del fisco e dell’attività di riscossione, ma non per la riduzione delle tasse.
La governance: la farraginosa doppia valutazione Commissione/Consiglio
Gli Stati membri dovranno predisporre dei Piani nazionali per la ripresa e la resilienza (PNRR – Recovery and Resilience Plan) per definire il programma nazionale di riforme e investimenti per gli anni 2021-23. I Piani saranno riesaminati e adattati, ove necessario, nel 2022, per tenere conto della ripartizione definitiva dei
fondi per il 2023. Il termine per la presentazione formale dei PNRR è comunque fissato al 30 aprile 2021. La Commissione europea ha già incoraggiato tuttavia gli Stati membri a presentare i loro progetti preliminari di Piani a partire dal 15 ottobre 2020 e a interagire con la task force per la ripresa a discutere tali progetti.
Tali Piani, oltre ad essere sottoposti alla valutazione della Commissione devono essere anche approvati dal Consiglio a maggioranza qualificata, entro 4 settimane.
A ciò, si aggiunge il meccanismo del freno di emergenza, che dà diritto, ad un singolo Paese, di deferire la questione al Consiglio europeo e nessuna decisione della Commissione relativa al soddisfacente raggiungimento delle pietre miliari e degli obiettivi e all’approvazione dei pagamenti sarà presa fino a quando il successivo Consiglio europeo non avrà discusso esaurientemente la questione.
Anche la Corte dei Conti europea ha notato la complessità delle procedure per la valutazione dei PNRR che potrebbe ritardare un’attuazione tempestiva. Allo stesso modo, questa ha fatto notare che il monitoraggio dell’RRF potrebbe essere inficiato dagli obiettivi troppo ampi che in parte si sovrappongono ad altri strumenti di finanziamento.
Considerazione conclusive
In questa procedura di indirizzo delle politiche dei Paesi UE ora ci sarà grazie al Recovery Fund un vincolo esterno, simile alla Troika per modalità ricattatorie (ti concedo di spendere i tuoi soldi e forse una mancia se fai quello che ti dico io).
Il Governo Giallorosso ha quindi vincolato ulteriormente il nostro Paese alle decisioni prese in sede UE e ora cercano di vendere questo ennesimo tradimento della patria come un grande successo e come se l’UE ci regalerà un sacco di soldi.
Forse il fine mascherato era proprio questo, ovvero fregarsene dell’interesse nazionale e della volontà degli elettori, cercando d’impegnare il più possibile l’Italia ai vincoli esterni e limitare l’azione economica e di riforma futura di un Governo di CDX a trazione LEGA e vicino ai reali bisogni degli italiani.
Al posto di spingere in modo masochistico per il Recovery e questa istituzionalizzazione della Troika, che ci legherà mani e piedi a Bruxelles, avremmo dovuto sfruttare a pieno l’occasione di scudo offerto dal programma d’acquisto di titoli pubblici della BCE (PSPP + PEPP) e il conseguente effetto sui tassi del BTP (al minimo storico) per raccogliere i soldi necessari agli investimenti e al sostegno dell’economia, senza condizionalità politiche.