Segnaliamo, quest’articolo comparso su Liberoa firma di Francesco De Dominicis. Il pezzo è interessante seppur con alcune imprecisioni (impatto spread a 500 esagerato, tasso 0,75% quando è 0,5%); da apprezzare, oltre ai contenuti, l’approccio moderato atto a favorire un dibattito reale.
Il rischio è quello di scivolare nella demagogia. Ora che va tutto male, che l’Italia è sull’orlo del baratro – indietro di 25 anni, come ha ricordato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco – e che l’economia è agonizzante, è fin troppo facile puntare il dito contro la moneta unica. Fatto sta che da semplice slogan utile per le campagne elettorali, l’idea di «uscire dall’euro» è entrata prepotentemente nei dibattiti. Non solo fra politici, ma anche tra accademici ed economisti di primo livello da mesi si discute di questa ipotesi.
Ma per cercare di capire il fallimento dell’euro servono anzitutto i numeri. Quelli semplici. I dati relativi all’Italia – e non solo – non sembrano lasciar spazio a dubbi. Sono almeno dieci gli indicatori che fanno propendere la bilancia dalla parte di chi «tifa» per tornare alla lira. Esportazioni, pil, lavoro, stipendi, potere d’acquisto e inflazione, consumi, credito, fallimenti delle imprese, debito pubblico, spread: ecco una breve rassegna, che non vuol essere l’ennesimo «manuale per gli anti euro» ma l’inizio di un dibattito.
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Euro, dieci buoni motivi per uscire dalla moneta unica
Segnaliamo, quest’articolo comparso su Libero a firma di Francesco De Dominicis.
Il pezzo è interessante seppur con alcune imprecisioni (impatto spread a 500 esagerato, tasso 0,75% quando è 0,5%); da apprezzare, oltre ai contenuti, l’approccio moderato atto a favorire un dibattito reale.
Il rischio è quello di scivolare nella demagogia. Ora che va tutto male, che l’Italia è sull’orlo del baratro – indietro di 25 anni, come ha ricordato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco – e che l’economia è agonizzante, è fin troppo facile puntare il dito contro la moneta unica. Fatto sta che da semplice slogan utile per le campagne elettorali, l’idea di «uscire dall’euro» è entrata prepotentemente nei dibattiti. Non solo fra politici, ma anche tra accademici ed economisti di primo livello da mesi si discute di questa ipotesi.
Ma per cercare di capire il fallimento dell’euro servono anzitutto i numeri. Quelli semplici. I dati relativi all’Italia – e non solo – non sembrano lasciar spazio a dubbi. Sono almeno dieci gli indicatori che fanno propendere la bilancia dalla parte di chi «tifa» per tornare alla lira. Esportazioni, pil, lavoro, stipendi, potere d’acquisto e inflazione, consumi, credito, fallimenti delle imprese, debito pubblico, spread: ecco una breve rassegna, che non vuol essere l’ennesimo «manuale per gli anti euro» ma l’inizio di un dibattito.
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