Quella alla quale si è assistito ieri è probabilmente la più grave crisi istituzionale mai vista nell’intero arco temporale della storia repubblicana.
Molti sono stati i momenti che hanno messo a dura prova la stabilità della Repubblica, e tra questi non si può non citare il rapimento Moro o le stragi del 1992, ma uno scontro ai massimi vertici delle istituzioni come quello che si è consumato ieri non ha precedenti specifici.
Il Capo dello Stato si è rifiutato di dare vita all’esecutivo gialloverde e ha motivato la sua decisione davanti alla stampa, dopo che il premier incaricato Conte ha rassegnato il mandato affidatogli.
Ad “impedire” la nascita del governo Conte è stato un vero e proprio veto apposto nei confronti del professor Paolo Savona, indicato dalla due forze politiche come l’uomo che sarebbe dovuto entrare a via XX settembre.
Mattarella ha detto no a quel nome perchè il professore si è fatto in passato portavoce “di una linea più volte manifestata che potrebbe portare probabilmente o inevitabilmente alla fuoriuscita dell’Italia dall’Euro, cosa ben diversa da una atteggiamento vigoroso nell’Ue per cambiarla in meglio dal punto di vista italiano.”
Nonostante Savona avesse diramato un comunicato nel pomeriggio dove si impegnava a rispettare il programma M5S-Lega, che non prevede un’uscita dall’euro, al Colle le rassicurazioni dell’economista non sono bastate.
Il solo fatto che Savona abbia messo in discussione in passato il funzionamento dell’euro è motivo sufficiente per negargli l’incarico. E’ un inedito, uno strappo mai visto alla Costituzione. Il Presidente della Repubblica non solo stabilisce arbitrariamente le presunte intenzioni di un ministro, ma si spinge oltre e decide quale sia la linea di politica economica da seguire per il Paese.
Una linea che finisce dritta nella direzione di Bruxelles e Berlino, che nei giorni scorsi avevano manifestato un evidente nervosismo di fronte alla possibilità che Savona diventasse ministro.
Da ieri le ragioni dei cittadini italiani che si sono espressi democraticamente il 4 marzo in una precisa direzione politica portando in dote 17 milioni di voti al M5S e alla Lega sono superate per Mattarella da “l’impennata dello spread, giorno dopo giorno, che aumenta il nostro debito pubblico e riduce le possibilità dello Stato per nuovi interventi sociali.”
Non solo. Il Capo dello Stato cita “le perdite della borsa che bruciano e risorse e risparmi delle nostre aziende e di chi vi ha investito.” Al primo posto Mattarella non mette la sovranità popolare che ancora formalmente viene assegnata dalla Carta costituzionale al popolo, ma gli interessi dei mercati.
Se fosse stato possibile interloquire in diretta con il Presidente, la prima domanda da porgli sarebbe stata probabilmente:”Presidente, ma che n’è delle ragioni degli italiani?”
Sorprende anche che tutta questa attenzione sui risparmi non sia stata manifestata dal Colle ai tempi del crack di Banca Etruria, quando vennero applicate per la prima volta in Europa le normative sul bail-in che hanno mandato in fumo i risparmi di tanti italiani.
Ora, ad ogni modo, la verità, per chi ancora non l’avesse vista in passato, si è manifestata palesemente e senza fraintendimenti. Esiste un sistema superiore alla Costituzione, al popolo italiano e alla stessa Repubblica.
Un sistema che non ha un volto ben riconoscibile ma ha molteplici identità nei mercati finanziari a Londra e Wall Street, e che finisce per entrare nelle cancellerie europee, come quella di Berlino che vuole mantenere immutato un sistema monetario fatto a sua immagine e somiglianza.
E’ a questo sistema che il Capo dello Stato risponde. E’ a questi poteri che ieri Mattarella ha abdicato impedendo la nascita di un governo pienamente legittimo. Ora che cosa accadrà? Oggi al Quirinale salirà Carlo Cottarelli, l’uomo del Fondo Monetario, l’uomo del sistema tutelato ieri da Mattarella.
La ferità che si è aperta non si rimarginerà facilmente. Da questo momento in poi, ci si trova in acque inesplorate. Non è un azzardo dire che ora qualsiasi cosa potrà accadere. Se il sistema sovranazionale arriva a considerare “eversivo” il voto degli italiani, qualsiasi idea scomoda a questo regime finanziario potrà essere soppressa, anche con l’uso della forza.
Mattarella ieri ha superato il punto di non ritorno, e insieme a lui c’era l’Italia intera.
Per offrirti la migliore esperienza di navigazione possibile nel nostro sito Web utilizziamo cookie, anche di terza parte. OKPrivacy Policy
Privacy & Cookies Policy
Privacy Overview
This website uses cookies to improve your experience while you navigate through the website. Out of these cookies, the cookies that are categorized as necessary are stored on your browser as they are essential for the working of basic functionalities of the website. We also use third-party cookies that help us analyze and understand how you use this website. These cookies will be stored in your browser only with your consent. You also have the option to opt-out of these cookies. But opting out of some of these cookies may have an effect on your browsing experience.
Necessary cookies are absolutely essential for the website to function properly. This category only includes cookies that ensures basic functionalities and security features of the website. These cookies do not store any personal information.
Any cookies that may not be particularly necessary for the website to function and is used specifically to collect user personal data via analytics, ads, other embedded contents are termed as non-necessary cookies. It is mandatory to procure user consent prior to running these cookies on your website.
IL PUNTO DI NON RITORNO DI MATTARELLA di Cesare Sacchetti
28 maggio 2018
Quella alla quale si è assistito ieri è probabilmente la più grave crisi istituzionale mai vista nell’intero arco temporale della storia repubblicana.
Molti sono stati i momenti che hanno messo a dura prova la stabilità della Repubblica, e tra questi non si può non citare il rapimento Moro o le stragi del 1992, ma uno scontro ai massimi vertici delle istituzioni come quello che si è consumato ieri non ha precedenti specifici.
Il Capo dello Stato si è rifiutato di dare vita all’esecutivo gialloverde e ha motivato la sua decisione davanti alla stampa, dopo che il premier incaricato Conte ha rassegnato il mandato affidatogli.
Ad “impedire” la nascita del governo Conte è stato un vero e proprio veto apposto nei confronti del professor Paolo Savona, indicato dalla due forze politiche come l’uomo che sarebbe dovuto entrare a via XX settembre.
Mattarella ha detto no a quel nome perchè il professore si è fatto in passato portavoce “di una linea più volte manifestata che potrebbe portare probabilmente o inevitabilmente alla fuoriuscita dell’Italia dall’Euro, cosa ben diversa da una atteggiamento vigoroso nell’Ue per cambiarla in meglio dal punto di vista italiano.”
Nonostante Savona avesse diramato un comunicato nel pomeriggio dove si impegnava a rispettare il programma M5S-Lega, che non prevede un’uscita dall’euro, al Colle le rassicurazioni dell’economista non sono bastate.
Il solo fatto che Savona abbia messo in discussione in passato il funzionamento dell’euro è motivo sufficiente per negargli l’incarico. E’ un inedito, uno strappo mai visto alla Costituzione. Il Presidente della Repubblica non solo stabilisce arbitrariamente le presunte intenzioni di un ministro, ma si spinge oltre e decide quale sia la linea di politica economica da seguire per il Paese.
Una linea che finisce dritta nella direzione di Bruxelles e Berlino, che nei giorni scorsi avevano manifestato un evidente nervosismo di fronte alla possibilità che Savona diventasse ministro.
Da ieri le ragioni dei cittadini italiani che si sono espressi democraticamente il 4 marzo in una precisa direzione politica portando in dote 17 milioni di voti al M5S e alla Lega sono superate per Mattarella da “l’impennata dello spread, giorno dopo giorno, che aumenta il nostro debito pubblico e riduce le possibilità dello Stato per nuovi interventi sociali.”
Non solo. Il Capo dello Stato cita “le perdite della borsa che bruciano e risorse e risparmi delle nostre aziende e di chi vi ha investito.” Al primo posto Mattarella non mette la sovranità popolare che ancora formalmente viene assegnata dalla Carta costituzionale al popolo, ma gli interessi dei mercati.
Se fosse stato possibile interloquire in diretta con il Presidente, la prima domanda da porgli sarebbe stata probabilmente:”Presidente, ma che n’è delle ragioni degli italiani?”
Sorprende anche che tutta questa attenzione sui risparmi non sia stata manifestata dal Colle ai tempi del crack di Banca Etruria, quando vennero applicate per la prima volta in Europa le normative sul bail-in che hanno mandato in fumo i risparmi di tanti italiani.
Ora, ad ogni modo, la verità, per chi ancora non l’avesse vista in passato, si è manifestata palesemente e senza fraintendimenti. Esiste un sistema superiore alla Costituzione, al popolo italiano e alla stessa Repubblica.
Un sistema che non ha un volto ben riconoscibile ma ha molteplici identità nei mercati finanziari a Londra e Wall Street, e che finisce per entrare nelle cancellerie europee, come quella di Berlino che vuole mantenere immutato un sistema monetario fatto a sua immagine e somiglianza.
E’ a questo sistema che il Capo dello Stato risponde. E’ a questi poteri che ieri Mattarella ha abdicato impedendo la nascita di un governo pienamente legittimo. Ora che cosa accadrà? Oggi al Quirinale salirà Carlo Cottarelli, l’uomo del Fondo Monetario, l’uomo del sistema tutelato ieri da Mattarella.
La ferità che si è aperta non si rimarginerà facilmente. Da questo momento in poi, ci si trova in acque inesplorate. Non è un azzardo dire che ora qualsiasi cosa potrà accadere. Se il sistema sovranazionale arriva a considerare “eversivo” il voto degli italiani, qualsiasi idea scomoda a questo regime finanziario potrà essere soppressa, anche con l’uso della forza.
Mattarella ieri ha superato il punto di non ritorno, e insieme a lui c’era l’Italia intera.
One reply to “IL PUNTO DI NON RITORNO DI MATTARELLA di Cesare Sacchetti”
Pingback: Il punto di non ritorno di Mattarella – La cruna dell'ago
Comments are closed.