Ieri è stata una giornata importante per il Paese e per la Sicilia in particolare, ed oggi cerco di tirare le somme dei risultati raggiunti e di quelli mancati.
L’annunciata protesta nazionale organizzata da varie sigle, tra cui i “Forconi”, cui avrebbe dovuto associarsi la serrata dei piccoli commercianti e partite IVA, è riuscita solo a metà.
In molte regioni e specialmente in Sicilia, alla fine ha prevalso la linea “soft”, con proteste ridotte a soli presidi e volatinaggio, ben lontani dai preannunciati blocchi del traffico e stop ai rifornimenti di ogni genere da parte degli autotrasportatori. E’ stata in definitiva una giornata quasi normale.
Nel resto d’Italia, si sono visti cortei e blocchi, ma in misura molto inferiore da quella prospettata dagli organizzatori, che avevano preannunciato di voler “fermare l’Italia”.
So che molti stigmatizzeranno le mie parole, ma personalmente credo che ieri si sia perduta un’occasione importante.
Tutti avremmo sofferto i disagi ed i danni di un vero blocco nazionale, certamente, ma la mia opinione è che questo prezzo sarebbe stato accettabile rispetto a quanto ci costerà lasciar proseguire l’operato di questo governo che ci sta conducendo alla catastrofe.
Quando al timone della nave c’è un comandante che punta dritto verso la scogliera, l’ammutinamento è l’unica opzione di salvezza. Ma purtroppo, in Italia, in troppi preferiscono chiudere gli occhi per non guardare a quell’orizzonte che si avvicina inesorabile, ed affidarsi alla “provvidenza”, certi che in qualche modo, prima o poi, “tutto si sistemerà”.
Questo sentimento di incosciente fatalismo viene alimentato ogni giorno da giornali e tv che ci vendono false certezze e false speranze, come quella del “si vede la ripresa” o di chi presenta il neoeletto Renzi come “colui che cambierà la politica”. Per alleviare le sofferenze degli Italiani si preferisce somministrare loro una bella boccata di oppio, piuttosto che curare la malattia.
Sono in pochi ancora, troppo pochi, a capire la gravità enorme di ciò che sta accadendo.
Ci si sofferma a seguire i fatti di cronaca più rilevanti, gli appelli del Papa, gli slogan di Alfano e di Renzi, i risultati delle partite… e si tralasciano i fatti che riguardano il declino continuo della nostra economia, cui questo governo continua a dimostrare di non saper in alcun modo porre rimedio.
Soltanto i piccoli imprenditori che falliscono, i lavoratori autonomi che chiudono le loro attività e coloro che vivono sulla propria pelle il dramma della disoccupazione e dell’insostenibile pressione fiscale, riescono a cogliere la misura del danno che le politiche di austerità imposte dai trattati europei e applicate da un governo inetto e collaborazionista, stanno arrecando al nostro Paese.
La maggior parte di coloro che, invece, ancora non sono toccati personalmente dalla crisi, sottovalutano enormemente il problema e si disinteressano quasi totalmente dal dibattito sul tema. Sono quelli che possono contare sullo stipendio di dipendente pubblico o su una buona pensione, che non hanno visto diminuire il proprio potere d’acquisto, anche grazie al calo dell’inflazione, e che quindi se la passano ancora bene. Fanno affidamento sulle loro attuali certezze, convinti che nulla potrà turbare la loro condizione di privilegiati.
Ma non è così. Se lo Stato prosegue nell’intento di “far quadrare i conti” attraverso tagli alla spesa, privatizzazioni, svendite del patrimonio pubblico, salvataggi a fondo perduto alle banche ed aumento delle tasse, presto la nostra economia tracollerà e ci vedremo “costretti” dai “mercati” a chiedere gli aiuti al “fondo salva stati”. Il equivarrà alla firma del nostro patto di schiavitù verso le Banche europee nostre creditrici, che in cambio dei prestiti fornitici ci imporranno un’agenda di riforme e tagli uguale a quella utilizzata in Grecia, con i risultati che si vedono: raddoppio del tasso di disoccupazione, miseria dilagante, totale distruzione del tessuto produttivo. Per recuperare il proprio credito potranno essere adottate misure come i licenziamenti di dipendenti pubblici (quando si parla di “tagliare la spesa pubblica”, si intende questo!), la privatizzazione di aziende partecipate (che si traduce anch’essa in “ristrutturazioni” tramite licenziamenti), cessione di fette di patrimonio dello Stato (con sottrazione dei relativi proventi) e anche prelievi forzosi sui conti correnti, come è stato fatto a Cipro.
Ma non importa se a lanciare questo allarme sono persone competenti e credibili come premi nobel dell’economia, giornalisti stranieri, gente che osserva la realtà e le espone senza veli. Molti ancora non ci credono, pensano si tratti di scenari irrealistici, che “non ci faranno fallire” o che “basta fare le riforme” e l’Italia ripartirà…
E’ veramente triste e desolante fare la Cassandra che grida nel deserto ed assistere impotenti alla distruzione del proprio Paese, nell’indifferenza dei più.
Se la classe politica che si avvia a candidare i propri iscritti alle elezioni europee non saprà comprendere l’importanza delle scelte da compiere, selezionando i propri uomini e donne in base ad un criterio di competenza e serietà, fornendo proposte concrete nella direzione indicata dagli economisti che hanno dimostrato sino ad oggi di azzeccare tutte le previsioni, si scontreranno con l’astensionismo più alto mai registrato e soccomberanno di fronte alla forza mediatica del nuovo Messia Renzi, sostenuto e guidato dalle stesse lobbies finanziarie che hanno espresso Monti e Letta. Nulla cambierà negli indirizzi politici, nulla fermerà la corsa verso la scogliera.
Soltanto dopo l’impatto terribile si farà la conta dei sopravvissuti e si giudicheranno i colpevoli. Dovremo allora raccogliere i cocci e ripartire da zero. L’Italia non si merita questo. Ma questo è l’epilogo che si prospetta inevitabilmente, un brutto film con finale tragico, che nessuno vuole vedere, ma di cui ci ritroveremo ad essere, prima di quanto pensiamo, i protagonisti.
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IL GIORNO DOPO
IL GIORNO DOPO
Oggi è un giorno di bilanci e di riflessioni.
Ieri è stata una giornata importante per il Paese e per la Sicilia in particolare, ed oggi cerco di tirare le somme dei risultati raggiunti e di quelli mancati.
L’annunciata protesta nazionale organizzata da varie sigle, tra cui i “Forconi”, cui avrebbe dovuto associarsi la serrata dei piccoli commercianti e partite IVA, è riuscita solo a metà.
In molte regioni e specialmente in Sicilia, alla fine ha prevalso la linea “soft”, con proteste ridotte a soli presidi e volatinaggio, ben lontani dai preannunciati blocchi del traffico e stop ai rifornimenti di ogni genere da parte degli autotrasportatori. E’ stata in definitiva una giornata quasi normale.
Nel resto d’Italia, si sono visti cortei e blocchi, ma in misura molto inferiore da quella prospettata dagli organizzatori, che avevano preannunciato di voler “fermare l’Italia”.
So che molti stigmatizzeranno le mie parole, ma personalmente credo che ieri si sia perduta un’occasione importante.
Tutti avremmo sofferto i disagi ed i danni di un vero blocco nazionale, certamente, ma la mia opinione è che questo prezzo sarebbe stato accettabile rispetto a quanto ci costerà lasciar proseguire l’operato di questo governo che ci sta conducendo alla catastrofe.
Quando al timone della nave c’è un comandante che punta dritto verso la scogliera, l’ammutinamento è l’unica opzione di salvezza. Ma purtroppo, in Italia, in troppi preferiscono chiudere gli occhi per non guardare a quell’orizzonte che si avvicina inesorabile, ed affidarsi alla “provvidenza”, certi che in qualche modo, prima o poi, “tutto si sistemerà”.
Questo sentimento di incosciente fatalismo viene alimentato ogni giorno da giornali e tv che ci vendono false certezze e false speranze, come quella del “si vede la ripresa” o di chi presenta il neoeletto Renzi come “colui che cambierà la politica”. Per alleviare le sofferenze degli Italiani si preferisce somministrare loro una bella boccata di oppio, piuttosto che curare la malattia.
Sono in pochi ancora, troppo pochi, a capire la gravità enorme di ciò che sta accadendo.
Ci si sofferma a seguire i fatti di cronaca più rilevanti, gli appelli del Papa, gli slogan di Alfano e di Renzi, i risultati delle partite… e si tralasciano i fatti che riguardano il declino continuo della nostra economia, cui questo governo continua a dimostrare di non saper in alcun modo porre rimedio.
Soltanto i piccoli imprenditori che falliscono, i lavoratori autonomi che chiudono le loro attività e coloro che vivono sulla propria pelle il dramma della disoccupazione e dell’insostenibile pressione fiscale, riescono a cogliere la misura del danno che le politiche di austerità imposte dai trattati europei e applicate da un governo inetto e collaborazionista, stanno arrecando al nostro Paese.
La maggior parte di coloro che, invece, ancora non sono toccati personalmente dalla crisi, sottovalutano enormemente il problema e si disinteressano quasi totalmente dal dibattito sul tema. Sono quelli che possono contare sullo stipendio di dipendente pubblico o su una buona pensione, che non hanno visto diminuire il proprio potere d’acquisto, anche grazie al calo dell’inflazione, e che quindi se la passano ancora bene. Fanno affidamento sulle loro attuali certezze, convinti che nulla potrà turbare la loro condizione di privilegiati.
Ma non è così. Se lo Stato prosegue nell’intento di “far quadrare i conti” attraverso tagli alla spesa, privatizzazioni, svendite del patrimonio pubblico, salvataggi a fondo perduto alle banche ed aumento delle tasse, presto la nostra economia tracollerà e ci vedremo “costretti” dai “mercati” a chiedere gli aiuti al “fondo salva stati”. Il equivarrà alla firma del nostro patto di schiavitù verso le Banche europee nostre creditrici, che in cambio dei prestiti fornitici ci imporranno un’agenda di riforme e tagli uguale a quella utilizzata in Grecia, con i risultati che si vedono: raddoppio del tasso di disoccupazione, miseria dilagante, totale distruzione del tessuto produttivo. Per recuperare il proprio credito potranno essere adottate misure come i licenziamenti di dipendenti pubblici (quando si parla di “tagliare la spesa pubblica”, si intende questo!), la privatizzazione di aziende partecipate (che si traduce anch’essa in “ristrutturazioni” tramite licenziamenti), cessione di fette di patrimonio dello Stato (con sottrazione dei relativi proventi) e anche prelievi forzosi sui conti correnti, come è stato fatto a Cipro.
Ma non importa se a lanciare questo allarme sono persone competenti e credibili come premi nobel dell’economia, giornalisti stranieri, gente che osserva la realtà e le espone senza veli. Molti ancora non ci credono, pensano si tratti di scenari irrealistici, che “non ci faranno fallire” o che “basta fare le riforme” e l’Italia ripartirà…
E’ veramente triste e desolante fare la Cassandra che grida nel deserto ed assistere impotenti alla distruzione del proprio Paese, nell’indifferenza dei più.
Se la classe politica che si avvia a candidare i propri iscritti alle elezioni europee non saprà comprendere l’importanza delle scelte da compiere, selezionando i propri uomini e donne in base ad un criterio di competenza e serietà, fornendo proposte concrete nella direzione indicata dagli economisti che hanno dimostrato sino ad oggi di azzeccare tutte le previsioni, si scontreranno con l’astensionismo più alto mai registrato e soccomberanno di fronte alla forza mediatica del nuovo Messia Renzi, sostenuto e guidato dalle stesse lobbies finanziarie che hanno espresso Monti e Letta. Nulla cambierà negli indirizzi politici, nulla fermerà la corsa verso la scogliera.
Soltanto dopo l’impatto terribile si farà la conta dei sopravvissuti e si giudicheranno i colpevoli. Dovremo allora raccogliere i cocci e ripartire da zero. L’Italia non si merita questo. Ma questo è l’epilogo che si prospetta inevitabilmente, un brutto film con finale tragico, che nessuno vuole vedere, ma di cui ci ritroveremo ad essere, prima di quanto pensiamo, i protagonisti.
Francesca Donato