La Commissione Europea ci informa (v. link qui) che ritiene la ricapitalizzazione per mano pubblica della banca tedesca NordLB conforme alle regole di mercato. Ovvero la Commissione Europea ritiene che il salvataggio da parte dello Stato tedesco non è da considerarsi «aiuto di Stato» in quanto i finanziamenti pubblici con cui la banca verrà ristrutturata permetterebbero a NordLB – controllata dallo Stato tedesco – di continuare ad operare profittevolmente sul mercato.
Ovvero la Commissione «ha riscontrato che le misure previste sono state perfezionate a condizioni di mercato, il che significa che lo Stato riceve una remunerazione in linea con quanto anche un operatore privato accetterebbe nelle medesime circostanze».
Quindi la Commissione Europea – a differenza di come si è posta con le nostre banche dissestate – approva; e precisa: «Il trattato UE è neutrale quando si tratta di scegliere tra proprietà pubblica e proprietà privata. Ai sensi delle norme UE in materia di aiuti di Stato, se uno Stato membro interviene come farebbe un investitore privato, ed è remunerato per il rischio assunto in un modo che un investitore privato accetterebbe, tale intervento non costituisce un aiuto di Stato.»
A questo punto ci chiediamo: perché le nostre banche sono state invece lasciate saltare con buona pace dell’art.47 Cost. (volto a tutelare il risparmio in tutte le sue forme)? Cosa prevedono i trattati europei?
Vediamo allora l’articolo 107 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) che regola la materia e la cui epigrafe è: «Nozione di aiuto di Stato e deroghe».
«L’articolo 107 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea è composto di tre commi. Il 1° contiene la nozione di aiuto di Stato “incompatibile”. Il 2° prevede delle deroghe de iure alla incompatibilità. Il 3° prevede delle ipotesi in cui la Commissione Europea può discrezionalmente dichiarare compatibile l’aiuto.»
« Salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza.
Sono compatibili con il mercato interno: a) gli aiuti a carattere sociale concessi ai singoli consumatori, a condizione che siano accordati senza discriminazioni determinate dall’origine dei prodotti; b) gli aiuti destinati a ovviare ai danni arrecati dalle calamità naturali oppure da altri eventi eccezionali; c) gli aiuti concessi all’economia di determinate regioni della Repubblica federale di Germania che risentono della divisione della Germania, nella misura in cui sono necessari a compensare gli svantaggi economici provocati da tale divisione. Cinque anni dopo l’entrata in vigore del trattato di Lisbona, il Consiglio, su proposta della Commissione, può adottare una decisione che abroga la presente lettera.
Possono considerarsi compatibili con il mercato interno: a) gli aiuti destinati a favorire lo sviluppo economico delle regioni ove il tenore di vita sia anormalmente basso, oppure si abbia una grave forma di sottoccupazione, nonché quello delle regioni di cui all’articolo 349, tenuto conto della loro situazione strutturale, economica e sociale; b) gli aiuti destinati a promuovere la realizzazione di un importante progetto di comune interesse europeo oppure a porre rimedio a un grave turbamento dell’economia di uno Stato membro; c) gli aiuti destinati ad agevolare lo sviluppo di talune attività o di talune regioni economiche, sempre che non alterino le condizioni degli scambi in misura contraria al comune interesse; d) gli aiuti destinati a promuovere la cultura e la conservazione del patrimonio, quando non alterino le condizioni degli scambi e della concorrenza nell’Unione in misura contraria all’interesse comune; e) le altre categorie di aiuti, determinate con decisione del Consiglio, su proposta della Commissione.»
Il giurista Luciano Barra Caracciolo, con lo scopo di allentare la pressione competitiva che tende a frustrare gli interessi e il benessere di lavoratori e risparmiatori, secondo quella che è di fatto la “norma fondamentale” dell’Unione Europea – ovvero l’art.3 del TUE che prevede l’instaurazione di un mercato interno «fortemente competitivo» – propone di aggiungere una lettera d) al secondo paragrafo dell’art. 107, che così reciterebbe:
«d) gli aiuti concessi a settori ritenuti strategici e fondamentali da ciascuno Stato in base ad un’agenda quinquennale, comunicata alla Commissione, e giustificati dall’interesse a impedire l’aggravarsi di una rilevante alterazione strutturale peggiorativa della produzione e dell’occupazione, in modo da prevenire un grave turbamento dell’economia dello Stato membro e armonizzare i livelli di crescita sostenibile e inclusiva all’interno dell’Unione.»
Il senso, spiega l’eminente giurista, sarebbe quello di inserire (finalmente) una norma volta a favorire una effettiva cooperazione tra nazioni piuttosto che farle «competere» (fortemente…).
Nota quindi che aggiungere quella lettera tra i casi di deroga “esplicitati” evita la questione della discrezionalità tecnica della Commissione – che appare difficilmente decifrabile – e anche della discrezionalità politica del Consiglio e della stessa Commissione previsti dalla lettera e) del paragrafo 3.
Inoltre, il giurista nota che scaduti i cinque anni previsti dalla lettera c) del primo paragrafo, l’importante trattamento di favore concesso alla sola Germania non è mai stato abrogato. Bene, con la regola aggiuntiva proposta, la Germania dovrebbe anch’essa presentare la propria agenda, in assenza della quale non potrebbe fruire della deroga proposta nella lettera aggiuntiva. E questo in un’ottica di equo trattamento e cooperazione.
Infine nota che, per la prima volta nella storia dei trattati, si inserirebbe una norma che potrebbe rendere effettivo l’art.4 paragrafo 2 del TUE, fino ad ora da considerarsi una mera enunciazione enfatica, che vorrebbe l’Unione Europea rispettosa della «identità nazionale degli Stati membri, insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale». Norma che – sottolinea il giurista – è da ritenersi fondamentale e che dovrebbe informare l’intero impianto giuridico eurounionista.
Come la Commissione citata all’inizio dell’articolo, anche la Corte di giustizia europea – massima istituzione riguardo l’interpretazione e la creazione del diritto della UE – sottolinea che le norme del trattato non impediscono operazioni di nazionalizzazione (è indifferente se la proprietà delle imprese è pubblica o privata).
Quindi, giuridicamente, gli artt. 41,42, 43 o 47 Cost. dovrebbero essere fatti rispettare anche in Italia quando si tratta di valutare aiuti con risorse pubbliche (o nazionalizzare) «settori ritenuti strategici e fondamentali [; aiuti di Stato] giustificati dall’interesse a impedire l’aggravarsi di una rilevante alterazione strutturale peggiorativa della produzione e dell’occupazione».
La Costituzione obbliga le politiche economiche ed industriali in un senso ben preciso, e i trattati – di per sé – non sono ostativi. Un’aggiunta al TFUE come quella suggerita da Luciano Barra Caracciolo sarebbe così anche l’uovo di Colombo per rendere veramente l’Unione Europea una costruzione sostenibile ed armonica.
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Aiuti di Stato e no: la discrezionalità della Commissione Europea
La Commissione Europea ci informa (v. link qui) che ritiene la ricapitalizzazione per mano pubblica della banca tedesca NordLB conforme alle regole di mercato. Ovvero la Commissione Europea ritiene che il salvataggio da parte dello Stato tedesco non è da considerarsi «aiuto di Stato» in quanto i finanziamenti pubblici con cui la banca verrà ristrutturata permetterebbero a NordLB – controllata dallo Stato tedesco – di continuare ad operare profittevolmente sul mercato.
Ovvero la Commissione «ha riscontrato che le misure previste sono state perfezionate a condizioni di mercato, il che significa che lo Stato riceve una remunerazione in linea con quanto anche un operatore privato accetterebbe nelle medesime circostanze».
Quindi la Commissione Europea – a differenza di come si è posta con le nostre banche dissestate – approva; e precisa: «Il trattato UE è neutrale quando si tratta di scegliere tra proprietà pubblica e proprietà privata. Ai sensi delle norme UE in materia di aiuti di Stato, se uno Stato membro interviene come farebbe un investitore privato, ed è remunerato per il rischio assunto in un modo che un investitore privato accetterebbe, tale intervento non costituisce un aiuto di Stato.»
A questo punto ci chiediamo: perché le nostre banche sono state invece lasciate saltare con buona pace dell’art.47 Cost. (volto a tutelare il risparmio in tutte le sue forme)? Cosa prevedono i trattati europei?
Vediamo allora l’articolo 107 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) che regola la materia e la cui epigrafe è: «Nozione di aiuto di Stato e deroghe».
«L’articolo 107 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea è composto di tre commi. Il 1° contiene la nozione di aiuto di Stato “incompatibile”. Il 2° prevede delle deroghe de iure alla incompatibilità. Il 3° prevede delle ipotesi in cui la Commissione Europea può discrezionalmente dichiarare compatibile l’aiuto.»
Il giurista Luciano Barra Caracciolo, con lo scopo di allentare la pressione competitiva che tende a frustrare gli interessi e il benessere di lavoratori e risparmiatori, secondo quella che è di fatto la “norma fondamentale” dell’Unione Europea – ovvero l’art.3 del TUE che prevede l’instaurazione di un mercato interno «fortemente competitivo» – propone di aggiungere una lettera d) al secondo paragrafo dell’art. 107, che così reciterebbe:
«d) gli aiuti concessi a settori ritenuti strategici e fondamentali da ciascuno Stato in base ad un’agenda quinquennale, comunicata alla Commissione, e giustificati dall’interesse a impedire l’aggravarsi di una rilevante alterazione strutturale peggiorativa della produzione e dell’occupazione, in modo da prevenire un grave turbamento dell’economia dello Stato membro e armonizzare i livelli di crescita sostenibile e inclusiva all’interno dell’Unione.»
Il senso, spiega l’eminente giurista, sarebbe quello di inserire (finalmente) una norma volta a favorire una effettiva cooperazione tra nazioni piuttosto che farle «competere» (fortemente…).
Nota quindi che aggiungere quella lettera tra i casi di deroga “esplicitati” evita la questione della discrezionalità tecnica della Commissione – che appare difficilmente decifrabile – e anche della discrezionalità politica del Consiglio e della stessa Commissione previsti dalla lettera e) del paragrafo 3.
Inoltre, il giurista nota che scaduti i cinque anni previsti dalla lettera c) del primo paragrafo, l’importante trattamento di favore concesso alla sola Germania non è mai stato abrogato. Bene, con la regola aggiuntiva proposta, la Germania dovrebbe anch’essa presentare la propria agenda, in assenza della quale non potrebbe fruire della deroga proposta nella lettera aggiuntiva. E questo in un’ottica di equo trattamento e cooperazione.
Infine nota che, per la prima volta nella storia dei trattati, si inserirebbe una norma che potrebbe rendere effettivo l’art.4 paragrafo 2 del TUE, fino ad ora da considerarsi una mera enunciazione enfatica, che vorrebbe l’Unione Europea rispettosa della «identità nazionale degli Stati membri, insita nella loro struttura fondamentale, politica e costituzionale». Norma che – sottolinea il giurista – è da ritenersi fondamentale e che dovrebbe informare l’intero impianto giuridico eurounionista.
Come la Commissione citata all’inizio dell’articolo, anche la Corte di giustizia europea – massima istituzione riguardo l’interpretazione e la creazione del diritto della UE – sottolinea che le norme del trattato non impediscono operazioni di nazionalizzazione (è indifferente se la proprietà delle imprese è pubblica o privata).
Quindi, giuridicamente, gli artt. 41,42, 43 o 47 Cost. dovrebbero essere fatti rispettare anche in Italia quando si tratta di valutare aiuti con risorse pubbliche (o nazionalizzare) «settori ritenuti strategici e fondamentali [; aiuti di Stato] giustificati dall’interesse a impedire l’aggravarsi di una rilevante alterazione strutturale peggiorativa della produzione e dell’occupazione».
La Costituzione obbliga le politiche economiche ed industriali in un senso ben preciso, e i trattati – di per sé – non sono ostativi. Un’aggiunta al TFUE come quella suggerita da Luciano Barra Caracciolo sarebbe così anche l’uovo di Colombo per rendere veramente l’Unione Europea una costruzione sostenibile ed armonica.
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Bazaar 26-1-2020