Oggi ho avuto occasione di visitare alcuni palazzi storici della mia città, presso i quali si svolge una manifestazione di carattere artistico-culturale che sta avendo molto successo.
È sempre bellissimo immergersi nell’immenso tesoro di arte e bellezza che Palermo offre ai suoi abitanti, prima che ai suoi occasionali visitatori: chiese, palazzi, oratori, chiostri, teatri: ogni via del centro storico racchiude almeno un luogo meraviglioso che vale la pena scoprire.
Sarà forse per l’inarrivabile magnificenza di tali antichi spazi, che le “installazioni” negli stessi dislocate mi sono parse alquanto deludenti.
Ma voglio dire di più: al di là della monotonia dei mezzi espressivi utilizzati (video e fotografie nella maggior parte dei casi), ho trovato sovrabbondante, per non dire estenuante, il ricorrere della ormai ovunque imperante tematica: “i migranti”.
Potrei capire che l’intero fronte delle arti figurative, teatrali, cinematografiche e di ogni altra sorta si cimentassero nel descrivere l’indiscutibilmente grave ed attuale tematica della sofferenza dei “migranti”, se la stessa fosse argomento poco frequentato dai mass-media. Ma poiché non è affatto così, anzi, visto che siamo costantemente ed inesorabilmente bombardati ogni giorno di immagini, servizi di cronaca, commenti, interviste, dibattiti ed analisi di ogni tipo sul tema delle “migrazioni” in tutti i suoi risvolti possibili ed immaginabili, confesso che in un (raro) pomeriggio di svago, avrei sinceramente gradito di poter dedicare i miei pensieri a qualcos’altro.
A molti, ne sono consapevole, questa mia “confessione” risulterà indigesta: non mancheranno di certo le reazioni sdegnate, le ramanzine sulla solidarietà, sul #restiamoumani e cose simili. Ma poiché per me essere sinceri è una declinazione del privilegio di essere liberi, mi accollo le reprimende che le mie parole mi porteranno, con la serenità di chi sa di non aver fatto nulla di male. Perché in fondo, ciò che provo alla fine di questa giornata è esattamente questo: non mi sento una brutta persona per il fatto di pensare e dire che di tutto questo bombardamento mediatico, a tutti i livelli, sui “migranti”, non se ne può più.
Anzi, credo che sia importante che finalmente qualcuno lo dica. E lo è perché – credo – in base alle più elementari leggi della psicologia (mi perdonino gli esperti della materia) una sollecitazione eccessiva di tematiche delicate e complesse come questa, nei confronti di persone sensibili ma certamente già gravate da mille pensieri e problematiche personali come normalmente tutti siamo, può sortire l’effetto opposto rispetto a quello sperato. In definitiva, il rischio che lo spettatore continuamente bersagliato di messaggi monotematici finisca per sentirsi annoiato, o ancor peggio irritato, dagli argomenti verso i quali dapprincipio provava interesse, diviene quasi una certezza.
Purtroppo però, chi governa l’informazione e la comunicazione in genere, non sempre tiene conto delle variabili psicologiche. I risultati si vedono già, e temo che col tempo non potranno che volgere al peggio. E sì che basterebbero, in fondo, solo un po’ di fantasia, un pizzico di creatività e la capacità di ascoltare la voce del pubblico, per capire quali sono i temi che mancano, di cui non si parla più, e che sarebbe ora di tornare a valorizzare, anche in campo artistico.
Uno su tutti: la maternità. Ma certamente si tratta di un tema “populista”, reazionario, retrogrado… o discriminante per l’universo LGBT, quindi vade retro.
Sarà per questa nostalgia che ancora oggi ci fermiamo estasiati di fronte alla placida bellezza di una Madonna col Bambino?…
Il compianto Papa Woitila era “arcidevotissimo” alla Madonna; Papa Francesco invece non mi pare lo sia altrettanto.
Ogni cosa ha il suo tempo, e ogni tempo ha il suo Papa.
Non voglio aggiungere altro, se non un detto del filosofo Pascal: “il cuore ha delle ragioni che la mente non può comprendere”. Chi ha cuore capirà, e non diventerà “senza cuore” per averlo fatto.
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GLI ABUSI DEL CUORE – UNA CONFESSIONE
Oggi ho avuto occasione di visitare alcuni palazzi storici della mia città, presso i quali si svolge una manifestazione di carattere artistico-culturale che sta avendo molto successo.
È sempre bellissimo immergersi nell’immenso tesoro di arte e bellezza che Palermo offre ai suoi abitanti, prima che ai suoi occasionali visitatori: chiese, palazzi, oratori, chiostri, teatri: ogni via del centro storico racchiude almeno un luogo meraviglioso che vale la pena scoprire.
Sarà forse per l’inarrivabile magnificenza di tali antichi spazi, che le “installazioni” negli stessi dislocate mi sono parse alquanto deludenti.
Ma voglio dire di più: al di là della monotonia dei mezzi espressivi utilizzati (video e fotografie nella maggior parte dei casi), ho trovato sovrabbondante, per non dire estenuante, il ricorrere della ormai ovunque imperante tematica: “i migranti”.
Potrei capire che l’intero fronte delle arti figurative, teatrali, cinematografiche e di ogni altra sorta si cimentassero nel descrivere l’indiscutibilmente grave ed attuale tematica della sofferenza dei “migranti”, se la stessa fosse argomento poco frequentato dai mass-media. Ma poiché non è affatto così, anzi, visto che siamo costantemente ed inesorabilmente bombardati ogni giorno di immagini, servizi di cronaca, commenti, interviste, dibattiti ed analisi di ogni tipo sul tema delle “migrazioni” in tutti i suoi risvolti possibili ed immaginabili, confesso che in un (raro) pomeriggio di svago, avrei sinceramente gradito di poter dedicare i miei pensieri a qualcos’altro.
A molti, ne sono consapevole, questa mia “confessione” risulterà indigesta: non mancheranno di certo le reazioni sdegnate, le ramanzine sulla solidarietà, sul #restiamoumani e cose simili. Ma poiché per me essere sinceri è una declinazione del privilegio di essere liberi, mi accollo le reprimende che le mie parole mi porteranno, con la serenità di chi sa di non aver fatto nulla di male. Perché in fondo, ciò che provo alla fine di questa giornata è esattamente questo: non mi sento una brutta persona per il fatto di pensare e dire che di tutto questo bombardamento mediatico, a tutti i livelli, sui “migranti”, non se ne può più.
Anzi, credo che sia importante che finalmente qualcuno lo dica. E lo è perché – credo – in base alle più elementari leggi della psicologia (mi perdonino gli esperti della materia) una sollecitazione eccessiva di tematiche delicate e complesse come questa, nei confronti di persone sensibili ma certamente già gravate da mille pensieri e problematiche personali come normalmente tutti siamo, può sortire l’effetto opposto rispetto a quello sperato. In definitiva, il rischio che lo spettatore continuamente bersagliato di messaggi monotematici finisca per sentirsi annoiato, o ancor peggio irritato, dagli argomenti verso i quali dapprincipio provava interesse, diviene quasi una certezza.
Purtroppo però, chi governa l’informazione e la comunicazione in genere, non sempre tiene conto delle variabili psicologiche. I risultati si vedono già, e temo che col tempo non potranno che volgere al peggio. E sì che basterebbero, in fondo, solo un po’ di fantasia, un pizzico di creatività e la capacità di ascoltare la voce del pubblico, per capire quali sono i temi che mancano, di cui non si parla più, e che sarebbe ora di tornare a valorizzare, anche in campo artistico.
Uno su tutti: la maternità. Ma certamente si tratta di un tema “populista”, reazionario, retrogrado… o discriminante per l’universo LGBT, quindi vade retro.
Sarà per questa nostalgia che ancora oggi ci fermiamo estasiati di fronte alla placida bellezza di una Madonna col Bambino?…
Il compianto Papa Woitila era “arcidevotissimo” alla Madonna; Papa Francesco invece non mi pare lo sia altrettanto.
Ogni cosa ha il suo tempo, e ogni tempo ha il suo Papa.
Non voglio aggiungere altro, se non un detto del filosofo Pascal: “il cuore ha delle ragioni che la mente non può comprendere”. Chi ha cuore capirà, e non diventerà “senza cuore” per averlo fatto.
Francesca Donato