Ormai neanche ci facciamo caso: è diventato del tutto normale sentirci dire che i mercati ci minacciano. Da anni registriamo un’attenzione quasi spasmodica all’andamento dei mercati finanziarie subiamo un bombardamento mediatico che è riuscito a convincerci che la sola vera economia sia quella finanziaria, che si occupa di spread e di debito, piuttosto che della vita reale delle persone.
Più o meno consapevolmente viviamo le nostre vite in una sorta di stato di assedio, costretti dentro un sistema che potremmo definire ordoliberista, in quanto è in grado di approntare tutti gli strumenti per mantenimento dell’unico modello possibile, il neoliberismo. Uno di questi strumenti è il ricatto dello spread. Ma sarà poi vero che sono i mercati a minacciarci? La domanda è lecita, perché lo spread, in quanto riguarda i rendimenti e le quotazioni dei titoli, ha molto ha che fare con la BCE e il suo programma di acquisto dei titoli sovrani dei Paesi europei. In poche parole: basterebbe che la BCE comprasse in misura maggiore i nostri titoli di Stato per risolvere immediatamente il problema dello spread.
Purtroppo invece non è così, anzi lo spread viene utilizzato dall’UE come mezzo per piegare a sé la volontà degli Stati europei. Se le cose stanno così, allora non sono i mercati a minacciarci, ma è questa Europa che impone delle regole che finiscono con il metterci nelle mani dei mercati. Questa è la ragione per cui possiamo dire che l’euro non è una semplice moneta, ma uno strumento di governo finanziario.
Come è possibile, ci chiediamo, che vi sia una Commissione europea che, piuttosto che incoraggiare la crescita economica, continui ancora ad imporre austerità, cercando in tutti i modi possibili di penalizzare gli investimenti pubblici? L’imperativo indiscutibile è quello ridurre il debito. Solo che mentre l’Italia, sia pur timidamente, sta cercando di raggiungere l’obiettivo aumentando la spesa pubblica – a favore delle famiglie, delle imprese e creando opportunità di lavoro per i giovani – l’UE è arrivata al punto di bocciare la manovra economica, nonostante il deficit del 2,4 sia tra i più bassi della storia d’Italia e la Francia abbia da sempre un debito più alto.
Inutile dire che la bocciatura del DEF è una decisione politica che, in realtà, ha ben poco ha che fare con il deficit, ma certamente rappresenta un chiaro avvertimento ad un Governo che sta provando a rialzare la testa, cercando di recuperare almeno parte della sovranità perduta. L’Italia infatti, entrando a far parte dell’UE, ha rinunciato alla sua sovranità economica in quanto non conia più la sua moneta, ma la prende a prestito dalla BCE, la quale, con i suoi continui e pressanti diktat, vincola pesantemente le nostre politiche economiche. Si pensi al pareggio di bilancio tra spesa pubblica e gettito fiscale – introdotto sotto il Governo Monti, con la legge costituzionale 1/2012 – che ha modificato l’art. 81 Cost. grazie al quale il nostro Governo era in grado di modificare il rapporto fra le entrate e le spese del bilancio in funzione dell’andamento del ciclo economico.
La perdita di sovranità non è stata soltanto monetaria, ma si è spinta sino a colpire il cuore della democrazia. A livello istituzionale si registra infatti un deficit democratico dovuto al fatto chein UE vi è l’unico parlamento al mondo che non ha iniziativa legislativa, la quale spetta invece alla Commissione europea – organo esecutivo dell’Unione – i cui membri, tuttavia, non sono eletti dai cittadini europei.
In questa situazione, è chiaro che ci troviamo dentro un sistema costruito appositamente per essere un attacco diretto alla politicae allo Stato sovrano, in quanto garanti di un ordine valoriale superiore a quello del mero profitto. Non a caso l’Unione europea è per definizione anti-Stato e la BCE è una banca centrale incompleta sotto il profilo delle funzioni e dei poteri ordinari per le banche centrali, nonché dotata di “indipendenza pura”, perché è totalmente svincolata dalla politica, tanto che non finanzia direttamente gli Stati, ma i mercati finanziari. Ecco spiegato in breve perché i mercati sono in grado di minacciare gli Stati e piegarli alla volontà dell’UE.
È chiaro allora che la battaglia che oggi si sta combattendo non è per questo Governo, o per pochi decimi di deficit in più, ma è per la democrazia. Si tratta infatti di rinvenire strategie capaci di recuperare strumenti di politica economica, capaci di opporsi al processo di finanziarizzazione integrale che sta sempre più minacciando la dignità della persona umana e la dignità del lavoro. La dittatura dei mercati, subordinando la politica alla finanza, sta infatti progressivamente svuotando la nostra democrazia costituzionale. Basti pensare che vi è un peccato originale nel nostro stesso ingresso in UE, se non altro perché l’art. 11 Cost. non ammette limitazioni di sovranità, se non in una condizione di parità con gli altri Stati. I continui attacchi alla nostra Costituzione, del resto, non sono altro che una riprova che i principi costituzionali sono la nostra àncora di salvezza. Ormai infatti è chiaro che solo mantenendoci fedeli ad essi potremo riscattare un’Italia mortificata, costretta ad agire come un’azienda che deve fare i conti con una “spesa pubblica improduttiva”, anche quando sa bene che il suo fine non è il profitto, ma la vita e il benessere dei suoi cittadini.
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IL RICATTO EUROPEO
Ormai neanche ci facciamo caso: è diventato del tutto normale sentirci dire che i mercati ci minacciano. Da anni registriamo un’attenzione quasi spasmodica all’andamento dei mercati finanziari e subiamo un bombardamento mediatico che è riuscito a convincerci che la sola vera economia sia quella finanziaria, che si occupa di spread e di debito, piuttosto che della vita reale delle persone.
Più o meno consapevolmente viviamo le nostre vite in una sorta di stato di assedio, costretti dentro un sistema che potremmo definire ordoliberista, in quanto è in grado di approntare tutti gli strumenti per mantenimento dell’unico modello possibile, il neoliberismo. Uno di questi strumenti è il ricatto dello spread. Ma sarà poi vero che sono i mercati a minacciarci? La domanda è lecita, perché lo spread, in quanto riguarda i rendimenti e le quotazioni dei titoli, ha molto ha che fare con la BCE e il suo programma di acquisto dei titoli sovrani dei Paesi europei. In poche parole: basterebbe che la BCE comprasse in misura maggiore i nostri titoli di Stato per risolvere immediatamente il problema dello spread.
Purtroppo invece non è così, anzi lo spread viene utilizzato dall’UE come mezzo per piegare a sé la volontà degli Stati europei. Se le cose stanno così, allora non sono i mercati a minacciarci, ma è questa Europa che impone delle regole che finiscono con il metterci nelle mani dei mercati. Questa è la ragione per cui possiamo dire che l’euro non è una semplice moneta, ma uno strumento di governo finanziario.
Come è possibile, ci chiediamo, che vi sia una Commissione europea che, piuttosto che incoraggiare la crescita economica, continui ancora ad imporre austerità, cercando in tutti i modi possibili di penalizzare gli investimenti pubblici? L’imperativo indiscutibile è quello ridurre il debito. Solo che mentre l’Italia, sia pur timidamente, sta cercando di raggiungere l’obiettivo aumentando la spesa pubblica – a favore delle famiglie, delle imprese e creando opportunità di lavoro per i giovani – l’UE è arrivata al punto di bocciare la manovra economica, nonostante il deficit del 2,4 sia tra i più bassi della storia d’Italia e la Francia abbia da sempre un debito più alto.
Inutile dire che la bocciatura del DEF è una decisione politica che, in realtà, ha ben poco ha che fare con il deficit, ma certamente rappresenta un chiaro avvertimento ad un Governo che sta provando a rialzare la testa, cercando di recuperare almeno parte della sovranità perduta. L’Italia infatti, entrando a far parte dell’UE, ha rinunciato alla sua sovranità economica in quanto non conia più la sua moneta, ma la prende a prestito dalla BCE, la quale, con i suoi continui e pressanti diktat, vincola pesantemente le nostre politiche economiche. Si pensi al pareggio di bilancio tra spesa pubblica e gettito fiscale – introdotto sotto il Governo Monti, con la legge costituzionale 1/2012 – che ha modificato l’art. 81 Cost. grazie al quale il nostro Governo era in grado di modificare il rapporto fra le entrate e le spese del bilancio in funzione dell’andamento del ciclo economico.
La perdita di sovranità non è stata soltanto monetaria, ma si è spinta sino a colpire il cuore della democrazia. A livello istituzionale si registra infatti un deficit democratico dovuto al fatto che in UE vi è l’unico parlamento al mondo che non ha iniziativa legislativa, la quale spetta invece alla Commissione europea – organo esecutivo dell’Unione – i cui membri, tuttavia, non sono eletti dai cittadini europei.
In questa situazione, è chiaro che ci troviamo dentro un sistema costruito appositamente per essere un attacco diretto alla politica e allo Stato sovrano, in quanto garanti di un ordine valoriale superiore a quello del mero profitto. Non a caso l’Unione europea è per definizione anti-Stato e la BCE è una banca centrale incompleta sotto il profilo delle funzioni e dei poteri ordinari per le banche centrali, nonché dotata di “indipendenza pura”, perché è totalmente svincolata dalla politica, tanto che non finanzia direttamente gli Stati, ma i mercati finanziari. Ecco spiegato in breve perché i mercati sono in grado di minacciare gli Stati e piegarli alla volontà dell’UE.
È chiaro allora che la battaglia che oggi si sta combattendo non è per questo Governo, o per pochi decimi di deficit in più, ma è per la democrazia. Si tratta infatti di rinvenire strategie capaci di recuperare strumenti di politica economica, capaci di opporsi al processo di finanziarizzazione integrale che sta sempre più minacciando la dignità della persona umana e la dignità del lavoro. La dittatura dei mercati, subordinando la politica alla finanza, sta infatti progressivamente svuotando la nostra democrazia costituzionale. Basti pensare che vi è un peccato originale nel nostro stesso ingresso in UE, se non altro perché l’art. 11 Cost. non ammette limitazioni di sovranità, se non in una condizione di parità con gli altri Stati. I continui attacchi alla nostra Costituzione, del resto, non sono altro che una riprova che i principi costituzionali sono la nostra àncora di salvezza. Ormai infatti è chiaro che solo mantenendoci fedeli ad essi potremo riscattare un’Italia mortificata, costretta ad agire come un’azienda che deve fare i conti con una “spesa pubblica improduttiva”, anche quando sa bene che il suo fine non è il profitto, ma la vita e il benessere dei suoi cittadini.
Sabrina Corsello